"La crisi può essere una grande benedizione, perché la crisi porta progressi". Viene da chiedersi se ciò che diceva Einstein possa essere trasferito anche nel mondo del calcio. Senza oltrepassare i confini nazionali, la tanto proclamata e urlata a gran voce spending review tocca tutti i settori di tutte le squadre italiane. Almeno a parole, perché se i fondi per i talent scout, per rinnovare o addirittura sostituire gli stadi fatiscenti o per il tanto agognato top player non ci sono, per sostituire gli allenatori non si bada a spese.

Anche la Nazionale si era adeguata alla moda che non subisce i cambiamenti del tempo, purtroppo Prandelli non è entrato nell’albo dei mister pantofolari stipendiati, per l’eleganza con la quale si è dimesso nonostante un contratto firmato alla vigilia dei Mondiali a 1,6 milione a stagione fino al 2016. Sentendo e soprattutto notando la richiesta di allenatori italiani nei migliori club e nazionali del Mondo, appare anomalo che due tra i club più blasonati d’Italia e – in questo momento – con più difficoltà economiche, paghino fior fior di milioni ai rispettivi ex allenatori.

L’esonero di Walter Mazzarri fa rumore e continuerà a farlo per l’elevato stipendio del tecnico ex Napoli, il secondo più pagato della Serie A con 3,5 milioni garantiti dall’accordo biennale siglato da Moratti e confermato dallo stesso Tohir che nella notte ha deciso di cacciarlo per richiamare Mancini.
Il Mancio è un illustre predecessore, forte dei 17 milioni e spicci “guadagnati” dal maggio 2008 fino all’ottobre 2009, e per fortuna che i rapporti non si siano mai incrinati, non fosse altro che Moratti da contratto avrebbe dovuto versarne 24 al mister Jesino che però si è “accontentato” della modica cifra di 11 milioni come buonuscita.
Accordo che non hanno trovato i cugini milanisti, ai quali l’euforia del patron Berlusconi sta costando –e continuerà a costare fino a giugno 2016 – 2,5 milioni l’anno, cifra promessa a Clarence Seedorf lo scorso gennaio, quando sostituì Max Allegri (pagato regolarmente fino a giugno) con il compito di salvare i rossoneri dal tracollo.

Un tema tutt’altro che estraneo fuori da Milano: Seedorf e Mazzarri sono solamente gli ultimi di una lista alla quale Mancini e Allegri possono ritenersi dei maestri, dietro però all’inarrivabile Alberto Malesani. Non parliamo di cifre, perché – com’è facile intuire – non avendo allenato nessuna grande squadra, i contratti del veronese si sono sempre allontanati dal milione di euro.
Malesani, complice e “vittima”- oppure beneficiario, dipende dai punti di vista – dell’ira di Zamparini, ha l’invidiabile primato di aver incassato 350 mila euro dal Palermo per soli 19 giorni da tecnico rosanero nel febbraio 2013. Pur restando imbattuto, sono bastati tre pareggi a esaurire la pazienza del vulcanico patron dei siciliani, che richiamò Gasperini. Non di certo un caso isolato nella carriera dell’allenatore sessantenne, visto che il tecnico originario di Verona l’anno scorso pur collezionando 5 sconfitte in 5 partite sulla panchina del Sassuolo nella “pausa di riflessione” tra gli emiliani e  Di Francesco, incassò il premio salvezza e riuscì a giustificarlo affermando  “I risultati mi hanno penalizzato, ma ho il piccolo merito di avere consegnato all'ottimo Eusebio una squadra viva”.

Basterebbe prendere i buoni esempi provenienti dalla Premier dove al momento della stipula del contratto, la clausola per il licenziamento non manca mai. Guai invece a portare l’innovazione proposta dal presidente blucerchiato Ferrero che non contento di pagare un allenatore che non ha mai voluto (sotto contratto dalla precedente gestione), invitò Delio Rossi ad allenare la squadra riserve della Samp minacciandolo in caso contrario di tagliargli i viveri. Di licenziamenti meglio non parlare, visto che la Lazio sta ancora portando avanti la battaglia giudiziaria con l’ex tecnico Vladimir Pletkovic.

Crisi…forse di coerenza.