Torna a parlare Antonio Conte. L'allenatore della Nazionale azzurra è stato intervistato dai colleghi di Repubblica per fare il punto della situazione del Calcio italiano, della collaborazione con le squadre di Serie A e, soprattutto, per mettere fine alle polemiche sul mancato accordo per lo stage che si sarebbe dovuto fare nel mese di febbraio. Polemiche, tante, troppe, come spesso accade dalle nostre parti. Chiacchiericci da bar che non servono a fare chiarezza ma soltanto ad alzare l'ennesimo polverone del nostro Calcio. Sia chiaro, non che sia successo qualcosa di irreparabile, ma la forza e la veemenza con le quali l'ex allenatore della Juventus aveva chiesto questi incontri con i giocatori, avrebbe meritato sorte ed esito migliore. Ci schieriamo dalla parte del ct che ha tutti i diritti di richiamare i propri calciatori anche durante la stagione, ma non vanno affatto biasimate le società che nel mezzo della stagione e di impegni per alcune decisive, hanno ritrattato la partecipazione dei propri calciatori a questi stage. 

Il malumore di Conte è innegabile per l'accaduto, e l'allenatore si sfoga così: "In Germania e Spagna non li fanno? I capricci ho smesso di farli da bambino. Se anche la serie A portasse sempre squadre in finale di Champions, sarei contentissimo così, però la realtà è un'altra. E forse non abbiamo toccato il fondo. Questo stage è saltato perché alla fine, per farlo, avrei dovuto dare le pettorine ai miei collaboratori. Chiamare giocatori di B significava sminuire il prestigio della Nazionale. Allora ho fatto un passo indietro, sperando di farne due in avanti la prossima volta".

Ne fa quasi un motivo d'orgoglio, di appartenenza alla maglia ed alla Nazionale (anche se c'è da dire che lui era il primo a rifiutare e lamentarsi per le convocazioni dei propri juventini): "Da luglio interagisco con tutto il sistema. Con le società di A, con la B, coi dilettanti, col settore giovanile. Ho perfino allenato sul campo l'Under 15. Tutto questo pagherà, ne sono sicuro. Sarebbe stato più facile fare il selezionatore, 7-8 giorni ogni tanto. Ma per quel ruolo, l'ho detto a Tavecchio, sarebbe bastato un altro qualsiasi, meno costoso. Selezionare e basta è possibile soltanto se hai la crema, ma oggi siamo in una fase troppo delicata, non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia. Molti paesi, in Europa, ormai ci stanno davanti. Io devo creare una squadra con la s maiuscola. E la devo allenare. La collaborazione deve essere reciproca. Io ho grande disponibilità, me ne aspetto altrettanta. Due esempi: Mazzarri e Inzaghi mi hanno chiesto di non convocare Osvaldo e Abate, che stavano recuperando dagli infortuni. Mi sono adeguato. Il calcio italiano? Oggi non siamo né carne né pesce. A furia di inseguire il totem del possesso palla e di scimmiottare il tiki-taka spagnolo o l'intensità anglosassone, stiamo trascurando il nostro dna: il sacrificio e la cultura del lavoro, con cui colmare il gap tecnico. La Croazia ci ha fatto capire che c'è chi ci è superiore, a cominciare dall'esperienza. Modric, Rakitic, Mandzukic, Perisic, Brozovic, Srna avevano tante partite in Champions".

La mancata concessione dei calciatori da parte degli allenatori per lo stage ha fatto parlare anche di un Conte talmente arrabbiato da far credere di lasciare la Nazionale per tornare ad allenare le squadre di club (Milan e Roma su tutte): "Penso di essere una persona molto responsabile. Soprattutto nei momenti difficili e questo lo è. Ho preso un impegno importante, anche spinto dall'entusiasmo del presidente federale, proprio per invertire la tendenza. Intendo rispettarlo. Io voglio qualificarmi all'Europeo e giocarlo e gli ostacoli li affronto con decisione. Forse me ne aspettavo di meno. Ma soltanto quando sei dentro una situazione, la capisci".

Alla Nazionale di Conte, ma non solo, potrebbe giovare la riforma dei campionati che il presidente Tavecchio ha intenzione di richiedere: "La riforma dei campionati ha una prospettiva oltre il mio mandato. Per l'Europeo è essenziale il calendario: è proprio necessario spalmare la Coppa Italia con una partita al giorno? Non mi importa quando inizierà la stagione o se si giocherà a Natale. Di sicuro è prioritario un periodo sufficiente per preparare l'Europeo. So per esperienza che un calciatore arriva a maggio scarico".

Infine, a seguito delle polemiche e delle difficoltà incontrate in questi primi mesi da selezionatore della Nazionale, gli viene chiesto se si sente pentito della scelta:  "Non sono pentito, anche se devo far fronte a tante situazioni politiche e io non ho mai amato diplomazia e compromesso. Sono uno di campo, ho fatto del lavoro la mia arma. L'anno scorso ebbi diverse offerte, anche di una squadra inglese molto importante. Ma non ho mai parlato con nessuno, era questione di rispetto, avevo deciso di continuare con la Juventus. Poi è durato poco, ma è un altro discorso".