Lo avevano dato per finito già ai tempi di Brescia, quando un grave infortunio lo mise ko per diversi mesi. Ripartì dalla serie B, da Palermo, e nelle prime sette giornate non riuscì a siglare neppure una rete. Qualcuno già storceva il naso, poi l’8 ottobre 2003 con un tocco sottomisura portò i rosanero in vantaggio contro il Piacenza. Una sorta di check-in aeroportuale, visto che da quel momento la carriera di Luca Toni decollò. Un volo con scali prestigiosi: la prima convocazione azzurra, la scarpa d’oro con la Fiorentina, il Mondiale tedesco, lo scudetto al Bayern Monaco. Tutto rose e fiori anzi “Toni e furmini”, per dirla alla maniera dei tifosi viola.

Sulla panchina bavarese, nell’estate del 2009, arriva Louis van Gaal. I rapporti con l’allenatore olandese non sono certo idilliaci, dal suo punto di vista Toni è un giocatore avviato verso il tramonto. Eccone un altro, pronto a darlo per finito. Non può giocare, niente da fare. Anzi, se lasciasse il Bayern farebbe un favore all’intero staff tecnico. Il bomber di Pavullo nel Frignano comprende che per lui non c’è più spazio e torna in Italia, alla Roma. In giallorosso è tutta un’altra musica: 15 gare, non sempre da titolare, e cinque reti. Solo una lesione al polpaccio gli impedisce di fare addirittura meglio. Un segnale forte: ancora la mia la posso dire. Luca è tornato, un’altra volta.

E il nome di Toni, che nel frattempo risolve il proprio contratto con il Bayern, infiamma il mercato. Se lo accaparra il Genoa di Preziosi, che prima lo presenta come stella dell’ennesima campagna acquisti sontuosa e poi lo boccia con un’uscita non certo scevra di cinismo. Arriva una frettolosa cessione alla Juventus di Zaccheroni: con la squadra in crisi, l’ambiente si rivela tutt’altro che ideale per cercare il riscatto. Appena due reti senza lasciare traccia. Pochi dubbi, questa volta Toni è davvero finito. Forse se ne convince anche lui, al punto da accettare la proposta dell’Al Nasr di Dubai. Durante l’esperienza negli Emirati, accade qualcosa di umanamente atroce: la compagna Marta Cecchetto dà alla luce il loro primo genito, ma il piccolo nasce già morto.

A quel punto il centravanti modenese decide di chiudere con il calcio, rescinde consensualmente il contratto con il club arabo e si ferma. Il dolore è troppo forte per pensare ancora al campo. Eppure c’è ancora una fiammella che non smette di ardere. Se ne accorge la Fiorentina di Montella, a cui serviva proprio un bomber di esperienza per completare il proprio parco attaccanti: Luca ci pensa su, poi accetta la proposta gigliata. Il ragionamento è lineare: se calcio deve essere, che sia ancora ad alti livelli. Una sfida da lanciare a chi da tempo ha smesso di credere in lui. Ma, soprattutto, una sfida con se stesso. Risposta da vecchio leone ferito: 27 presenze, 8 reti. Quasi sempre partendo dalla panchina. Allora Toni non è ancora finito.

Il Verona torna in massima serie dopo 11 anni, Mandorlini può contare su una serie di stelline che si riveleranno futuri pezzi pregiati di mercato (leggasi Iturbe), ma alla voce centravanti la casella è ancora vuota. L’obiettivo viene individuato e raggiunto: ancora lui, sempre lui, Luca da Pavullo. Che di smettere, adesso, non ha alcuna voglia. S’inventa due stagioni da urlo, trascinando i gialloblu ad altrettante salvezze in assoluta serenità e regalandosi 42 perle in 72 gare disputate. Numeri impossibili, a leggere la carta d’identità. La ciliegina sulla torta è la conquista della classifica dei cannonieri, seppur condivisa con Icardi. Poco importa, le statistiche comunque certificano l’ennesima rinascita di un ragazzino di 38 anni. Finiscono le stagioni, Luca Toni rimane.