Domenico Berardi unisce e divide. Il talento calabrese è sicuramente il futuro del calcio a tinte verdi, bianche e rosse, ma troppo spesso il suo nome, seppur si parli di un giocatore classe 1994, è legato a polemiche, ad un carattere troppo istrionico e difficile da gestire. Ciononostante il natio di Cariati, Calabria, viene da due stagioni al Sassuolo a dir poco esaltanti: come spesso accade nello Stivale della Dea Eupalla quando si parla di giovani talenti ci si aspetta subito che siano decisivi, nella squadra di club come in Nazionale. E guai se hanno difficoltà di tipo caratteriale, anzi, è la conditio giusta per praticare lo sport più diffuso in Italia, la critica feroce e spudorata.

Domenico tuttavia sembra avere, da buon calabrese, la scorza dura, quella che unisce il menefreghismo a volte eccessivo a quella noncuranza che serve per lasciarsi alle spalle i veleni e le polemiche, pensando soltanto al prato verde ed i gol. Già, il gol, quello che parla per Berardi, autore di 31 (si, avete letto bene, trentuno gol in due stagioni), a soli vent'anni. Il talento di proprietà della Juventus si racconta ai microfoni della Gazzetta dello Sport, partendo dai suoi limiti caratteriali: "L'espulsione col Parma? Ho commesso degli errori che mi hanno aiutato a crescere. In quel periodo vivevo male la mia situazione e quella della squadra, avevo accusato l’esonero di Di Francesco, c’erano tanti problemi. Sto cercando di migliorare nell’autocontrollo ma non è sempre facile".

Si passa al campo, dove Domenico ha sempre incantato con il suo mancino fatato. Gli idoli di certo non mancano ad un ventenne che aspira a grandi palcoscenici: "Messi per tecnica e classe, Ibrahimovic per potenza e abilità. Ma se guardo ai colpi, mi sento più simile a Robben".

La Juventus è proprietaria del cartellino di Domenico, che analizza così il suo futuro, al Sassuolo o con i bianconeri: "Sono e mi sento un prodotto del Sassuolo. A questo club, a questo ambiente, a tutte le persone che mi hanno permesso di realizzare il mio sogno devo tutto. Sto bene a Sassuolo, come fossi nella mia Calabria. Perciò sono contento che mi abbia riscattato. Per me questa è una favola: da ragazzino facevo il raccattapalle dietro la porta di Pomini, oggi ci gioco insieme. La Juve è la Juve, fa piacere essere accostato a un grande club, può riscattarmi l’anno prossimo, tutto è aperto, ma non voglio pensarci".

Il futuro di Berardi è sicuramente con la Nazionale. Archiviata quella Under 21, appena lasciata con l'amaro in bocca per lo scarso risultato ottenuto in Repubblica Ceca, si pensa già a quella maggiore di Conte: "Ci spero. Ho tre obiettivi per questa stagione: segnare ancora tanti gol, raggiungere un bel centroclassifica col Sassuolo e andare all’Europeo con la Nazionale, ma perché si realizzi quest’ultimo devono prima realizzarsi gli altri due. Poi quello che verrà verrà". 

Infine, un aneddoto sul suo mancato passaggio, già tempo fa, alla Juve: "Vi svelo un episodio: nel 2006, avevo 12 anni, un emissario juventino venne a vedermi in un torneo di Giovanissimi. Voleva portarmi subito a Torino ma io rifiutai perché non me la sentivo di lasciare la famiglia e la mia terra. Ricordo che piansi al pensiero di andare via".