Quando, nell'estate 2013, Emanuele Giaccherini lasciò l'Italia e la Juventus per passare al Sunderland, in tanti rimasero parzialmente con l'amaro in bocca, specialmente i tifosi bianconeri. Certo era per lui più che giusto pensare a volere più spazio, avere un ruolo più centrale in un progetto una volta raggiunto un livello di maturità calcistica, lasciando il ruolo di comprimario di lusso in una big, specialmente dopo aver disputato una grande Confederations Cup con la maglia azzurra.

Già, la maglia azzurra. La scorsa estate, dopo le due stagioni sfortunate in Inghilterra, costate anche la convocazione al mondiale Brasiliano, Giaccherini è tornato in Italia, al Bologna, squadra ambiziosa e con forti disponibilità economiche. Un acquisto passato sotto traccia, sia per la tempistica (last-minute) che per il costo e la formula probabilmente (prestito gratuito), e anche per il rendimento degli ultimi due anni.

Con Delio Rossi non era tutto rose e fiori, le condizioni fisiche dell'ex Juve e Cesena erano sempre incerte, causa guai muscolari, e la continuità di conseguenza tardava ad arrivare, sia in campo che in quanto a prestazioni. E' bastato "poco", ovvero l'approdo di Roberto Donadoni sulla panchina felsinea, per far rivedere il vero Giaccherini. Innanzitutto in due step.

Il primo è stato indubbiamente ritagliargli un ruolo preciso, ovvero quello di ala, indifferentemente destra o sinistra, essendo l'ex Juve in grado di coprire entrambe le fasce, così come il compagno di ruolo Mounier. Anche il francese è stato fondamentale: l'allenatore Cisanese ha posto Destro da unica punta, mettendo alle sue spalle, più larghi, gli esterni a sua disposizione, con sufficiente libertà di azione (ma chiedendo sacrificio in ripiegamento, logicamente).

Il secondo riguarda la responsabilità. In una squadra giovane e con relativa esperienza in Serie A, sono stati Giaccherini e Brienza i due giocatori che hanno dovuto reggere il peso dell'attacco e della fase di impostazione, e quando l'ex Atalanta e Palermo è mancato, è stato proprio Giak a prendere la leadership dell'attacco, aiutando i compagni e non fermandosi mai, certe volte anche esagerando. A Frosinone per esempio, subentrato e con la squadra in svantaggio, nel finale ha spesso cercato di risolverla da solo, cercando di strafare.

C'è anche un qualcosa in più a spingere Giaccherini sempre più in alto, un altro allenatore, quello che l'ha portato alla ribalta e ha preso spesso le sue difese in due anni: Antonio Conte. Abbiam parlato in precedenza della maglia azzurra, della voglia di riconquistarla per l'Europeo: senza ombra di dubbio con il tecnico leccese in panchina, con il quale Giaccherini ha vissuto due anni magici in bianconero (da comprimario, ma con un gran rapporto con il suo tecnico), le motivazioni sono doppie.

Per avere risposte definitive a riguardo dovremo aspettare l'estate, nella quale si deciderà non solo il futuro in nazionale del tuttofare cresciuto nel Cesena, ma anche quello a livello di club. Certo è che con quest'annata, dovesse resistere la condizione fisica e di conseguenza il rendimento, Giaccherini si può definitivamente rilanciare. Giacche c'è, è un'occasione da non perdere...