Pericolosi intrecci col passato. Da Stramaccioni a Mazzarri, similitudini che paiono ricorrenti incubi. L'Inter riavvolge il nastro e scopre di essere sulla falsariga della squadra vista poi precipitare lo scorso anno. Simil rendimento, simil difetti. Si intreccia anche a livello di calendario l'undici dell'esordiente Stramaccioni con la banda del navigato Mazzarri. E allora urgono interrogativi, soprattutto risposte. La Roma, ancora una volta indigesta, spegne le luci di un inizio radioso e presenta il conto, sepolto sotto la voglia e il carattere mostrati nelle prime sei apparizioni. Troppo esperto il tecnico di San Vincenzo per sperare che i difetti di “fabbrica” fossero scomparsi, in un'illusionistica pausa estiva. L'Inter ha problemi strutturali, non risolti da un mercato difficile, riapparsi prepotentemente al cospetto di un organico in salute come quello di Garcia. La sensazione è che ci siano uomini da cui non si possa prescindere. I giovani lasciati nel fango della Serie A, senza guida, annaspano. Mazzarri, che aveva plasmato un undici perfetto per i suoi dogmi, ha scoperto, come già a Napoli, quanto sia dura rinunciare ai cosiddetti titolarissimi. Arriva la pausa, che il tecnico mal digerisce, ma che potrebbe restituire forze fresche e maggiori certezze. Con il rientro al top di Milito, il ritorno degli infortunati Jonathan e Campagnaro, una serie di impegni abbordabili, l'Inter potrebbe rilanciare la propria candidatura per quella piazza, la terza, che significa massima competizione europea. Fino a gennaio, quando toccherà ad Ausilio e Branca sistemare una rosa carente soprattutto sulle corsie esterne e in mediana.

Ranocchia e Juan. La fragilità del reparto arretrato ha colpito e non poco nel match di sabato. Negli occhi, ancor prima che nelle giocate, traspariva la scarsa tranquillità di Ranocchia e Juan. Proprio da uno sbilenco rinvio dell'azzurro è nato il vantaggio di Totti. Il Ranocchia dell'altra sera è parso riproporre quella versione da agnello sacrificale che spesso ha fatto storcere il naso al pubblico nerazzurro. Forte, tecnico, ma mentalmente inadeguato a una piazza così ambiziosa. Questo il giudizio ricorrente. Non un cuor di leone, nemmeno un leader. Juan è potente, straripante, ma tatticamente acerbo. Senza una guida hanno sbandato. Non poteva esserlo Rolando, alla seconda esibizione. Lungo il filo che collega Stramaccioni a Mazzarri, ecco un'altra perfetta sintonia. L'Inter ha spiccato il volo, nella prima parte della scorsa stagione, con Samuel al top. Lui a indirizzare i compagni di reparto. La faccia scura, quasi torva. Con un muro a fianco, i compagni si sono esaltati. Così quest'anno con l'arrivo di Campagnaro. Appena messo piede in campo ha trasmesso serenità e consapevolezza. Coltello tra i denti, grinta da vendere. E l'Inter ha incassato solo due gol. Senza la sua presenza, bloccato da un infortunio al piede, l'ondata giallorossa ha travolto la fragile diga nerazzurra.

Qualità. Mazzarri, senza la certezza Campagnaro dietro, ha preferito non rischiare nemmeno in mediana. Dentro Taider, uomo di corsa e quantità, fuori Kovacic. Il confronto è stato impietoso. Il trio Strootman – Pjanic – De Rossi, coadiuvato dai polmoni di Florenzi, ha travolto Cambiasso e soci. In fase di impostazione l'Inter si è affidata agli strappi, isolati, di Guarin e a Ricky Alvarez, costretto ad arretrare per cucire una manovra farraginosa. É emersa prepotente la mancanza di qualità. Il genietto Mateo non è al meglio, ma è indispensabile. La capacità di vedere gioco, saltare l'uomo, accelerare al momento opportuno, è imprescindibile. Nella zona nevralgica si vincono e si perdono le partite. La semplice fase di contenimento non garantisce successi e gloria, magari imprese isolate. Pereira, sciagurato in occasione del rigore, ha confermato di essere corpo estraneo e l'assenza di Jonathan ha finito per pesare quanto quella di Campagnaro, perché anche Nagatomo, sballottato a destra, è finito nell'imbuto del “mutismo” nerazzurro.

Una punta o due? L'ultimo quesito riguarda il fronte offensivo. Sin dalla prima giornata Mazzarri ha varato un 3-5-1-1 prudente, conscio di essere alla scoperta di una creatura nuova e intimidita dagli ultimi insuccessi. Alvarez, il più positivo nella sconfitta di San Siro, a far da collante tra il centrocampo e il tuttofare Palacio. Il Trenza si batte e corre a più non posso nelle praterie delle retroguardie avversarie, ma è difficile chiedergli di più. Ecco perché pare opportuno pensare a un modulo che valorizzi il carnet offensivo nerazzurro. Icardi, spesso impiegato nella ripresa, ha sempre spaccato la partita. É un talento su cui puntare già da oggi. Milito, ormai pronto, resta uno dei più forti attaccanti d'area d'Europa. Senza dimenticare il forte investimento su Belfodil, impiegato finora solo a Trieste col Cagliari.

Aldilà di ricorsi che lasciano col fiato sospeso, il progetto Inter pare aver svoltato verso una nuova era. Mazzarri è tecnico preparato e già sabato, nell'intervallo prima e dopo il triplice fischio poi, ha parlato alla squadra, evidenziando limiti, difetti e anche pregi. Nel secondo tempo l'Inter non ha brillato, ma ha mostrato carattere. Imbrigliata dalla Roma ha comunque lottato. Restano da sistemare alcuni dettami tattici, magari introdurre qualche variazione tecnica. Arricchire un undici di carattere con qualche stilla di talento. In attesa del mercato e dei rientri.