Risposte e conferme. Forse lo sapeva Walter Mazzarri, forse lo temeva. Quante volte nelle scorse giornate ha sentito da santoni e giornalisti il laconico commento “una squadra come l'Inter non può giocare così coperta”. Allora ha azzardato, non tanto per acclarare e confermare quanto visto su stampa e web, quanto perché palese era la mancanza di qualità in una squadra operaia. Dentro tre uomini offensivi, Kovacic, Alvarez e Guarin, alle spalle di Palacio. Chiaro l'intento del tecnico. Senza Nagatomo, privo di uno sbocco laterale, ha provato ad abbondare di talento nella zona centrale, per non lasciar solo l'encomiabile Palacio. Operazione fallita, in parte.

L'inizio shock ha rimesso l'Inter nell'inferno dell'incertezza. Il filo labile di un progetto in divenire è stato spezzato dal blackout difensivo. Come a Bologna, i nerazzurri hanno concesso l'autostrada del vantaggio. Si è infilato Sansone e San Siro si è ammutolito, in preda a fantasmi e paure. “Non siamo nemmeno entrati in campo”, laconico il commento dell'ex guida del Napoli in panchina. Braccia allargate e sospiro profondo. A nulla è valsa la sfuriata post-Sampdoria, nemmeno quella del dopo Coppa. Difficile costruire dalle fondamenta qualcosa di nuovo. Ricreare una solidità, cementare un gruppo. Impossibile, in uno sprazzo temporale, eliminare le incrinature di un'intera stagione. La concentrazione va e viene, intermittente. Come ha detto Mazzarri, l'inizio ha tratto in inganno. Il filotto di vittorie ha creato aspettative e proclami. Eccessivi. L'Inter in campo l'altra sera, fatta eccezione per Campagnaro, era la stessa dell'era Stramaccioni. Quasi una condanna del mercato estivo, tra infortuni e scelte discutibili. Gli acciacchi di Icardi, le difficoltà di Belfodil, la bocciatura di Andreolli. Anzi a Mazzarri va addirittura peggio, perché fino al miracolo dello Stadium Stramaccioni poteva contare sul muro Samuel e sul miglior Milito. Quanto farebbero comodo l'esperienza, il carisma e la classe dei due argentini a questa Inter.

Tornando al roboante pareggio contro i ducali, tante le chiavi della partita. Zanetti è apparso inadeguato. L'età e l'infortunio hanno creato un mix letale, anche per un super uomo come il capitano. Se Pereira non è una plausibile alternativa, allora occorre correre ai ripari in fretta. Cambiasso, privato della fisicità di Taider, resta scoperto e, senza armatura, torna a evidenziare patemi antichi. Travolto dagli inserimenti e dalla freschezza dei ragazzi di Donadoni si è aggrappato all'esperienza. Talvolta non basta. Campagnaro è forte, ma non è Samuel. Ranocchia e Juan navigano in sospeso tra errori e buoni propositi. Spaesato il brasiliano, morbido l'azzurro. Dubbi che siano da top club. Kovacic, per la prima volta, ha acceso la luce e San Siro, che lo attende come il messia, ha apprezzato, lasciandosi andare a scroscianti applausi a ogni iniziativa del croato. Manca, tanto, il gol, a lui e all'Inter, ma è difficile prescindere da un ragazzo con questa personalità. Bene Jonathan, fulcro nerazzurro in un primo tempo giocato prevalentemente sulla destra. Sottotono Alvarez, che ha tirato la carretta e ha mostrato i primi segni di stanchezza. L'assist per Palacio e poco altro. Infine Guarin. Grinta, da vendere. Errori, banali. Passaggi elementari, una sufficienza eccessiva. Superfluo parlare di Rodrigo. Il Trenza è, in questo momento, buona parte dell'Inter. Corre, lotta, segna. Fa tutto lui. Denuncia un isolamento evidente, con toni pacati. Da persona intelligente, capisce che cambiare, con questo materiale a disposizione, è difficile.

Un altro passo falso, quindi. Parziale. L'Inter si ferma, ma non perde e questo conta, per tanti motivi. Il calendario favorevole non è stato sfruttato, ma la squadra resta lì, aggrappata al quarto posto, con un occhio alla gloria, che è appena più in alto. Perché l'Inter passeggia, ma in pochi corrono. Il Napoli sente il doppio impegno europeo e tende a steccare prima di un grande match. La Fiorentina è bella, ma non esente da passi falsi e in più ha l'Europa League, capace di togliere energie fisiche e nervose. Gennaio è atteso come il mese decisivo. Qualcuno andrà, ritocchi arriveranno. Non top player, nemmeno acquisti inutili. Giocatori funzionali al progetto. Forse non un attaccante (Icardi e Milito sono sulla via del recupero), di certo un centrocampista e un esterno.