Mazzarri a 360 gradi: "Non sapevo niente di Thohir"

In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, Walter Mazzarri parla apertamente della sua carriera di allenatore: tra il ritorno al San Paolo di domenica e le aspettative future con l'Inter.

Mazzarri a 360 gradi: "Non sapevo niente di Thohir"
LucaBeggiao
Di Luca Beggiao

E' un grande ritorno quello che aspetta l'attuale allenatore dell'Inter, domenica sera. Per quattro anni Walter Mazzarri è stato alla guida del Napoli, quel Napoli che lui ha reso grande e che dopo le sue dimissioni ha voltato pagina cercando un tecnico di profilo internazionale per puntare ancora più in alto dopo la conquista della Coppa Italia nel 2012, trovandola in Rafa Benitez. Mazzarri, invece, si è accasato all'Inter, alla corte dell'ex presidente Moratti che già da tempo lo sognava alla guida della sua Inter. Il tecnico toscano è stato uno degli ultimi regali fatti dal leggendario presidente prima della vendita della società al magnate indonesiano Thohir, nuovo numero uno della dirigenza neroazzurra.

Alla vigilia di Napoli-Inter. Mazzarri in un'intervista concessa al Corriere della Sera, parla a 360 gradi della sua carriera, la sue esperienza a Napoli, il rapporto con Milano, Inter e tifosi, gli allenatori a cui si ispira e dei giovani talenti a disposizione dell'Inter, come Kovacic e Icardi: "Sono venuto tante volte a Milano da avversario e non ho avuto occasioni per vedere la città. Non la conoscevo e mi ero fatto un’idea diversa; invece è bellissima e purtroppo me ne sono accorto a 52 anni. Mi trovo molto bene, anche se mi piacciono il sole e il mare, perché i Mazzarri vengono dall’isola d’Elba. Ma so apprezzare anche un tipo di fascino diverso. E poi Milano è piena di verde e di parchi, una sorpresa".

Il tecnico toscano passa poi a ricordare le umili origini calcistiche dalle quali è partito prima di arrivare alla consacrazione di Napoli: "Per come intendo io il ruolo dell’allenatore, non mi soffermo troppo su quello che mi sta attorno. Sono totalmente concentrato su quello che devo fare per far rendere al massimo i giocatori che la società mi mette a disposizione. Questa è la mia forza, e non sento tanto la pressione. Quella me la metto addosso da solo. Per cercare di vincere sempre. Se uno parte da zero o da sottozero e arriva all’Inter, dopo aver fatto tutte le categorie in 12 anni di carriera sì. Posso dire di avere un bagaglio di esperienze che pochi hanno e che mi è servito quando sono arrivato in alto. Detto senza che nessuno si offenda. Ho cominciato da preparatore anche dei portieri e conosco anche le logiche dei magazzinieri; so come vivono o come parlano con i giocatori".

Mazzarri prima di cominciare a parlare della sua fortunata esperienza napoletana fa il punto della situazione in casa Inter: "Quando arrivo in una nuova realtà non alleno solo i giocatori perché credo che tutte le persone che lavorano vicino alla squadra siano importanti. Lo dico sempre ai ragazzi: i successi partono da lontano. L’azienda calcio ha bisogno di coinvolgere tutti. Venendo all’Inter, alla squadra, il primo obiettivo era quello di rivalutare il gruppo, partendo non tanto dal 9° posto, ma dai 19 punti del girone di ritorno.

Il gruppo che mi è stato consegnato era più o meno lo stesso e se si tiene conto oggettivamente di certi parametri, siamo andati oltre le aspettative, indipendentemente dalle ultime tre partite che abbiamo pareggiato. I ragazzi mi hanno dato subito risposte eccezionali. Ora devo capire la flessione che abbiamo avuto e rendermi conto del tipo di reazione che avrà questa squadra, sotto una responsabilità grossa, perché la maglia dell’Inter pesa. Ora abbiamo il Napoli e il Milan per chiudere il 2013, poi Lazio e Chievo per chiudere l’andata. Diamoci appuntamento a metà gennaio e capiremo meglio quanto vale la squadra".

Poi il momento clou dell'intervista arriva e Mazzarri non fa una piega, non si scompone di un millimetro. Cerca di rimanere impassibile, il tecnico toscano. Ovviamente si parla del Napoli, della sua ormai ex squadra e Mazzarri sembra non preoccuparsi affatto del tipo di accoglienza che gli offriranno i tifosi napoletani quando da avversario tornerà al San Paolo: "Non ho mai chiesto niente a nessuno. I tifosi delle squadre dove ho allenato mi hanno sempre voluto bene. Poi, come succede quando due si lasciano, l’amore può trasformarsi in odio. Per domenica non mi pongo il problema; io ho presentato fatti e non parole. Ho la coscienza più che a posto. E poi un allenatore si deve valutare dal primo giorno in cui arriva in una squadra all’ultimo giorno in cui ha lavorato lì.

Ci sono dati facilmente riscontrabili. Uno di questi è il valore di una squadra quando la prendi in mano. I parametri sono il monte ingaggi e gli investimenti. La competizione parte da qui. Il punto è: quanto vale la rosa all’inizio e quanto vale al momento nel quale lasci? Da Livorno in poi, l’unico anno che ho fatto in B, con la promozione dopo 55 anni, ho ottenuto una serie di risultati che si possono vedere e verificare. A Napoli siamo partiti dal 15° posto del 4 ottobre 2009 e siamo arrivati al secondo posto del maggio 2013, con in mezzo la vittoria della Coppa Italia. Ecco che cosa è successo a livello economico, nei punti e nel prestigio del club. Il Napoli non era considerato prima accanto a Inter, Milan e Juventus. Poi se esiste la tendenza a far vedere altre cose, a me non interessa. A me interessa il giudizio delle persone intelligenti".

Impossibile per Mazzarri non citare Zuniga che per lui ha rappresentato di più di un giocatore e che ha aiutato tantissimo per essere il giocatore che il colombiano è adesso: "Veniva dal Siena e all’inizio il San Paolo lo fischiava e con lui fischiava Paolo Cannavaro, che è diventato il capitano". Poi Zuniga sappiamo benissimo che tipo di giocatore sia diventato e quanta importanza adesso rivesta in maglia azzurra. L'allenatore toscano alla domanda se nella sua Inter ci sia qualcuno che ricorda Zuniga risponde così: "Qui ce ne sono alcuni che, se dovessero continuare a giocare a questi livelli, diventerebbero risorse aziendali importanti. Ecco come dovrebbe essere valutato un allenatore: rapporto tra quello che ha preso, risultati sul campo e risultati economici".



Ma è il momento di tornare alla sua nuova avventura, al suo nuovo fiore all'occhiello, l'Inter, che Mazzarri ammette di non aver mai immaginato lontano dalle mani di Massimo Moratti: "Nemmeno ci pensavo alla possibilità che l'Inter sarebbe stata venduta. Quando ho incontrato il presidente Moratti, per la prima volta, il mio unico pensiero era la voglia di allenare l’Inter, di accettare la sfida. Non gli ho mai chiesto nulla di questo argomento. Credo di avergli detto solo: quando ci sarà qualche cambiamento, me lo dirà. Il mio dovere era ed è quello di portare il più in alto possibile la squadra che ho a disposizione.

E quando sono stato informato della situazione, ho detto alla squadra: io sono l’allenatore e il mio dovere è allenare. Voi siete i giocatori, avete firmato per la società Inter, noi dobbiamo fare il nostro dovere a prescindere da chi sia il presidente. Ho chiesto a tutti di isolarsi per pensare al gioco. Poi dentro alle teste di ognuno non ci sono e qualcuno può anche aver avvertito questo cambio".

Poi i toni dell'intervista si fanno più scherzosi e leggeri e a Mazzarri viene chiesto se allenare campioni come Bale, Cristiano Ronaldo e Benzema non sarebbe più difficile vista la sua impronta di gioco reputata molto chiara e schematica: "Magari allenarli ma a parte le battute, non è vero che sia più difficile dare un gioco a una squadra quando ci sono tanti campioni. Dalla Pistoiese andai a Livorno e trovai giocatori di valore, ma quasi a fine carriera. Tutti si chiedevano come avrei fatto a imporre il mio gioco con giocatori di personalità. Siamo andati in A. Il campione inserito in un gioco organizzato dà ancora di più. Quando parlo della fase difensiva spiego i movimenti, l’importanza di tenere stretti i reparti. E appena un giocatore capisce che, se dà retta a me, deve correre dieci metri e non 60 il gioco è fatto. E di solito un campione lo capisce prima degli altri".



All'Inter Mazzarri ha trovato due giovani talenti come Kovacic e Icardi che stanno vivendo un momento di splendore e che promettono di diventare le nuove colonne portanti dei neroazzurri: "Di Kovacic siamo tutti innamorati di come conduce il pallone; le qualità ci sono. Ma quanto è funzionale al nostro calcio quello che ha fatto lui l’anno scorso? Il ragazzo è un potenziale campione e ogni giorno gli spiego quello che deve fare. Va fatto esplodere facendogli capire tutta una serie di cose. Poi io devo pensare anche alla squadra, ma se Kovacic capisce tutto quello che deve fare, passo dopo passo, diventerà un campione. Su Icardi ripeto che ho chiamato Zanetti, Cambiasso, Samuel e Milito e ho detto loro di spiegare a Icardi quanti sacrifici hanno fatto loro per diventare campioni. Se capirà, diventerà un campione".

In chiusura il tecnico ex Napoli parla del pubblico di San Siro: "A me sembra molto competente. Ha percepito il momento che stava attraversando la società. Penso che l’arrivo di un allenatore esperto abbia rappresentato una sicurezza. Al di là dei pareggi, credo che la gente abbia visto cose belle. Lo scetticismo verso i giocatori? Se si vuole bene all’Inter, fino a che non è finita la partita i tifosi dovrebbero riuscire a non farlo percepire al giocatore. Poi c’è anche la responsabilità di indossare la maglia dell’Inter". E sull'allenatore che più lo han influenzato Mazzarri non ha dubbi: "Guardo più agli allenatori che hanno avuto incarichi a 360 gradi, tipo Ferguson, per dare un’idea. È così che io intendo il mio lavoro. Ogni allenatore è un artista. Ognuno ha le sue idee".