Il gennaio della protesta e della Curva, l'Inter crolla

Non vince più, difficilmente convince. Il Catania esce indenne da San Siro e Thohir si interroga sul futuro. Pochi giorni per chiudere le falle più evidenti, in attesa di giugno. Mazzarri pensa al derby d'Italia. La svolta a Torino?

Il gennaio della protesta e della Curva, l'Inter crolla
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Di Johnathan Scaffardi

Il sapore di casa è , per consuetudine, amico, accogliente. Un'atmosfera, un luogo, in cui scaldarsi e dimenticare le bizze del mondo esterno. San Siro ha invece il volto gelido del nemico. L'Inter scende sul prato e d'istinto alza lo sguardo. Vede striscioni che, in un silenzio assordante, emanano sentenze. Da quegli spalti risuona la voce forte del popolo. Quello stesso popolo sceso in campo nell'affaire Guarin - Vucinic, che ora torna ad alzare la voce. Via tutti. L'attuale dirigenza ha perso ogni briciolo di fiducia. Da Branca a Fassone, è la totale epurazione quella che chiede l'interista doc. Mazzarri allarga le braccia, osserva il clima e scuote il capo. Non c'è pace, non c'è gloria. Senza conforto, stimolo, l'Inter tremante, naufraga. Il Catania, modesto, esce con un punto da San Siro, fa bella figura e pieno di autostima, mentre Thohir, con al fianco Moratti, riflette sul da farsi. 

Restano cinque giorni di gennaio per cambiare qualcosa. Cinque giorni di trattative intense, fumose, incerte. Si tenta Vucinic, si ripensa a Osvaldo, si gettano le basi per giugno. Nulla di chiaro, in un mondo fatto di confusione, mancanza di chiarezza. Una società spenta, senza un condottiero, senza capisaldi. Non a caso il magnate indonesiano è pronto a mettere un suo uomo alla guida delle operazioni più importanti. Nell'era del fair play finanziario non è possibile scialacquare le risorse a disposizione. Il fallimento, ad oggi, del doppio colpo Belfodil - Icardi è sanguinoso, visto l'esborso economico.

Cinque gare, percorse lungo il crinale, impervio, della sconfitta. Zero vittorie, qualche pareggio, poco cosa. Un calendario amico, che ha trovato ombre pesanti, ribaltando i sogni europei di un gruppo privo di identità. Mazzarri ha riproposto l'attacco pesante. Ha chiesto aiuto a Milito, vedendo Palacio, encomiabile, stanco. Insieme ci hanno provato, ma hanno fallito. Come tutti. Kuzmanovic, Cambiasso, poi Kovacic e Taider. Non è grande Inter, non può esserlo. Davanti rallentano, dietro non corrono. Il quinto posto, che significa Europa League, è lì. Arriva la Juve, il derby d'Italia. Quello che l'anno scorso esaltò Stramaccioni e lo stesso Milito. Fu notte nerazzurra, prima della deriva. A riguardare quel giorno una nostalgia canaglia. Al campo si chiede l'orgoglio, alla società la svolta. Il popolo in fermento non accetta ulteriori defezioni.