"Ho fatto il mio tempo", dietro poche parole si cela un malumore lampante. Massimo Moratti lascia, non senza rammarico. Lascia, perché come lui stesso ammette c'è un tempo per tutto. Il calcio di Moratti non può accostarsi al calcio di oggi. Un romantico mal si accoppia con l'epoca delle borse strette e semivuote. Un Presidente dedito all'esagerazione, al tifo, non può tollerare il fantasma del fair play finanziario. Il mondo del calcio si divide, succede nei momenti di svolta epocali. L'Inter senza Moratti, fa un certo effetto. Dal tifoso al Presidente, dall'uomo al padre. Moratti ha incarnato fin troppe figure nella sua carriera da n.1, troppe se si considera il ruolo ricoperto. 

Thohir è il futuro, un futuro diverso. Gli abbracci al momento del passaggio di consegne han lasciato strada a continui attriti, perché ogni passo di Thohir era un passo verso un'Inter differente, più al passo con i tempi, una frecciata al cuore dell'opera morattiana, a una gestione spinta oltre i limiti della ragione, in nome di trofei e gloria. Il bilancio piange, questo Thohir rimprovera a Moratti. E addirittura Mazzarri liquida l'ex leader con un laconico "non ho tempo da perdere". Cattivo gusto, bisogna ammetterlo. Una caduta di stile, una mancanza di rispetto verso la storia. Mazzarri annaspa e nelle acque in tempesta sbaglia strada, puntando il dito contro Massimo, reo di aver attaccato gli scarsi risultati del tecnico. 

Non è un semplice motivo che spinge Moratti all'addio, è una naturale riflessione. In un'Inter come quella prospettata da Thohir non può esserci posto per Moratti. L'IndoInter è qualcosa di diverso, non ha l'anima nerazzurra, è una società commerciale, nuova, moderna, il futuro dirà se anche vincente. Thohir, non a caso, è un manager, non un uomo di campo. Non segue le passioni il tycoon, osserva quanto di più redditizio. Un ragionamento lontano dal Moratti presidente, dall'uomo che si innamorò di Recoba, di Ronaldo, dei grandi del calcio, senza curarsi di una gestione economica destinata col tempo a presentare il conto. Negli anni di potere del calcio italiano Moratti era il perfetto numero uno, oggi no. Oggi serve altro e Moratti si scosta, senza chiudere le porte "Le quote sono mie e me le tengo". 

Le reazioni giungono da ogni dove, da amici e nemici. Mihajlovic applaude il Presidente e pensa all'Inter del futuro, lui possibile successore di Mazzarri, Adriano, in un'esclusiva a Tmw, celebra Moratti, Agnelli, invece, non rinuncia all'attacco frontale "Accettò Scudetto mai vinto". Nei giorni scorsi anche un grande ex, Nicola Berti, in difesa di Massimo. Diversa la reazione dei tifosi. Prevale l'indifferenza, come nel giorno della cessione a Thohir. Qualcosa si è incrinato tra Moratti e il pubblico, qualcosa si è rotto dopo la magia del triplete. La gestione dopo Madrid non ha convinto.

Ora il futuro, un assetto societario da ricreare, una posizione, quella di Zanetti, ultima bandiera, ultimo legame col passato, da salvaguardare, e un allenatore da salutare o supportare. Gli spifferi nerazzurri raccontano di un Mazzarri al bivio. San Siro fischia, Thohir riflette, spiazzato. Non è uomo da decisioni improvvise, anche per questo il saluto di Moratti lo ha colto di sorpresa, ma forse anche lui, Presidente di testa, sente aria di cambiamento.