È la stracittadina più attesa d'Italia. È quella partita che vale da sola una stagione intera, quel Match che ferma una città  per novanta minuti, puntando tutti i riflettori su quella struttura appena fuori dal centro di Milano, che chiamano la scala del calcio. È li, in quel tripudio di colori, coreografie mozzafiato e cori più o meno irriverenti, che i tifosi quasi implorano i loro giocatori di vincere, di trionfar in quella partita che se ti vede uscir sconfitto, ti ferisce nell'orgoglio prima ancora che nella classifica, che ultimamente tra l'altro, dalle parti del Naviglio, rosso-nero-azzurro che sia, non fa sorridere più come in tempi recenti quanto basta per esser oggetto di rimpianto. È il derby della Madonnina. È Milan-Inter. È il grande spettacolo del calcio.

I nerazzurri arrivano all'appuntamento con i cugini in una veste nuova, con l'abito delle grandi occasioni che tanto si addice ad un salotto prestigioso come il Meazza, arrivano con in panchina l'uomo che guidò la rinascita del Biscione, che tanto entusiasmo ha portato alla pinetina, che appare quasi liberata dalla catena di quel Mazzarri che resta comunque uomo valido più di quanto sia riuscito per forza di cose a dimostrare nella città meneghina.
Si presenta con il solito appeal Mancini, con il fascino di uno che sa il fatto suo, e allo stesso tempo con il senno di chi sa unire parole che sanno di riscossa a toni pacati di chi sa che oggi le cose sono leggermente diverse dai tempi dell'Inter 1.0 guidata dal Mancio di Jesi.

Di sicuro c'è che l'Inter cambierà volto; via la difesa a tre, marchio di fabbrica di Mazzarri, si torna a giocare a quattro nella speranza che anche il Vidic di adesso possa tornare quello di Manchester, perché proprio il colosso serbo, che tanto soffriva la linea mazzarriana, adesso rischia davvero di finire relegato in panchina, roba da matti per uno che per otto anni ha guidato la retroguardia di uno dei club più forti al mondo.
Il centrocampo diventa "rombo", con Kovacic che andrà a giocare in posizione avanzata, sulla trequarti, e se il croato è in palla...
Per la gioia degli occhi, dimenticatevi quella serie infinita di passaggi, quelle ragnatele immense fatte di tocchi e retropassaggi; due tocchi,massimo tre, così vuole Mancini, così si gioca in Europa, velocità e verticalizzazioni, un'Inter spettacolare, quella che il Mancio vuole plasmare, del resto, anche lui quando giocava era una gioia per gli occhi, un vate che dispensava poesia sul campo. Adesso è tempo di derby. L'Inter 2.0 è pronta a nascere, e il Mancio sa che la rinascita non può prescindere dal duello del Naviglio. Se è vero che chi ben comincia è a metà dell'opera, vincendo il derby, Il marchigiano sarebbe più o meno a trequarti.