La prima Inter di Roberto Mancini, un'Inter diversa, negli uomini e nello schieramento tattico. Il passaggio a quattro porta a scelta dolorose, ma obbligate. Vidic deve ritrovare confidenza e fiducia, ovvio quindi lasciare la zona centrale a Ranocchia - ottimo in azzurro - e Juan Jesus. Il credo del tecnico si palesa sugli esterni. Non giocatori di semplice contenimento, ma terzini di spinta, chiamati a dare un apporto importante anche in fase offensiva. Particolare attenzione ai movimenti di Dodò, seguito da Mancini con scrupolo durante la settimana. 

In mediana pesano le assenze. Medel è squalificato, al suo posto un giocatore per caratteristiche affine, M'Vila, di rientro dall'infortunio. Non ce la fa Hernanes - panchina probabile per il profeta - spazio quindi a chi fino ad ora ha meno giocato, come Guarin, rivitalizzato dal cambio in panchina e a chi si è fatto spazio sgomitando, con impegno e sacrificio, Kuzmanovic. L'alternativa è Obi, ma è improbabile che il Mancio lanci il giovane nigeriano dal primo minuto. 

Chiavi della squadra a Kovacic. La missione di Mancini è consacrare al tavolo dei grandi il gioiello croato. Libertà assoluta sulla trequarti, nessun compito di fatica, atto a sfiancare un talento chiamato ad avere mente lucida e piede rapido in zona gol. Due le punte da innescare: Palacio e Icardi. Due settimane di allenamenti nel motore hanno fatto bene ad entrambi. L'obiettivo è ritrovare la vena del passato, dopo gli incoraggianti segnali mostrati nella gara interna con il Verona. 

Mancini fissa i primi paletti, sceglie i suoi uomini, studiandone non solo i movimenti, ma anche l'atteggiamento. Il derby è partita diversa, che si vince con la testa, prima ancora che con le gambe. 

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Johnathan Scaffardi
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