2006, l'anno di Calciopoli, del ribaltone che ancora oggi surriscalda stampa e animi. Juventus e Milan, nobili di stirpe e storia, cedono il passo alla giustizia e il pallone di casa Italia conosce una ventata di novità. Si ergono due figure, favorite da eventi e indagini. Da una parte l'Inter, grande che si sente vittima di una truffa, dall'altra la Roma, unica possibile contendente. Dalle ceneri sorge la rivalità più bella e più forte dell'ultimo decennio. Mancini prima e Mourinho poi guidano l'armata nerazzurra, mentre a Roma si lotta, con coraggio, ma poco si vince. Spalletti sogna il titolo, ma vede naufragare la barca in un'amara serata di festa sampdoriana.

L'Inter corona il triplete, si prende scudetti e mondo, mentre la Roma, piazzata, sempre, si lecca le ferite. Riavvolgendo il nastro ad oggi, uno scenario che ha dell'incredibile. La Roma piccola e martoriata dagl'arbitri non c'è più. La proprietà è americana e in panchina siede un francese giunto alla conquista del bel paese. Il progetto, firmato Sabatini, riporta la lupa a fasti antichi. Si parte sempre da De Rossi e Totti, ma intorno nasce un gruppo vincente, capace di spaventare anche la Juve, tornata nel frattempo padrona. L'Inter, intanto, "incendia" il passato, per sposare un futuro al passo con i tempi. Stretta di mano, più o meno cordiale, con i grandi vecchi, e rifondazione, totale, a partire dal numero uno. Thohir sale in cattedra e cambia l'Inter. Non basta Mazzarri, ecco Mancini.

D'un tratto la rivalità sopita torna a farsi prepotente. L'Inter, piccola, si sente di nuovo grande, vuol condizionare la corsa al titolo, pur essendo oggi in disparte. L'obiettivo è la Champions, non poca cosa. L'Europa respinge la Roma, raggiunta allo scadere dal Cska e incorona una brutta Inter, in rimonta con il Dnipro, eppure, come sostiene Mancini, sono i giallorossi i favoriti al via. Un divario di personalità, certezze, meccanismi, uomini.

Garcia non si fida, mostra rispetto, ma resta convinto della forza della Roma. Lo Scudetto è l'unica via per dar seguito a proclami mal celati. Il campo deve dire se la Roma è pronta per salire l'ultimo gradino, quello che separa i grandi dai vincenti.

Sul fronte formazioni, maggiori problemi per Mancini. Senza Hernanes la mediana pecca di qualità e il forfait per problemi alla spalla di Nagatomo condiziona il reparto esterni. Interessante, proprio in quel ruolo, il duello Maicon - spente le polemiche attorno al brasiliano - Dodò, pupillo di Sabatini acquistato dall'Inter in estate. Il tecnico nerazzurro, orientato a confermare dietro Ranocchia e Juan, viste le non perfette condizioni di Vidic, ha un dubbio nel settore offensivo. Osvaldo mostra ogni giorno progressi indicativi ed è a oggi l'attaccante più in palla. Può scalzare Icardi?

Per Garcia il consueto 4-3-3. Senza Castan, Manolas con Astori nella difesa a quattro. Consueta abbondanza in mediana. Dopo il riposo di Coppa, sicuro il ritorno di Pjanic. Ritorno possibile in regia per Keita, posto come frangiflutti davanti a De Sanctis e alla coppia di mezzo. Numerose le frecce nel comparto d'attacco. Difficile rinunciare a Totti in una notte da scala del calcio. Ai suoi lati favoriti Gervinho e Florenzi, con la suggestione Iturbe. Ljajic pecca ancora di continuità.