Finalmente Inter. Tre punti che contano, per peso e momento. Mancini, dalla panchina, indica la via, muove i suoi, su una scacchiera umana che risponde ai comandi del tecnico. L'idea di gioco è la solita, attaccare, prendere in mano la partita, portare il maggior numero di uomini nella metà campo avversaria, rischiare, sì, perché una squadra vincente non può avere paura. Rispetto alle ultime uscite c'è qualcosa in più, a livello psicologico. Una voglia di rivalsa, una rivincita da consumare sul campo. Ranocchia deve rispondere alle critiche, Guarin e Icardi ricordano il battibecco con la curva. Non ci sono sorrisi, c'è convinzione. L'inizio frenetico tramortisce il Palermo. La miglior Inter è in quel frangente.

Le novità tattiche di Mancini portano evidenti benefici. Shaqiri svaria da parte a parte sulla trequarti e la sua rapidità mette in ambasce la retroguardia rosanero. Palacio, ancora sottotono, supporta Icardi e la squadra. Non è il miglior Palacio, lampante, ma la predisposizione al sacrificio rende l'argentino comunque importante. Il meglio nel mezzo, per interpreti e disposizione. L'aggiunta di un uomo rivitalizza l'intera squadra. Con tre giocatori a centrocampo l'Inter soffre meno, perché il raddoppio sull'esterno è automatico e più facile è infoltire a turno l'azione offensiva. Medel è il distruttore, Brozovic l'uomo a tutto campo, capace di interdire e creare, Guarin la forza, strappi e ripartenze, coperture e accelerazioni.

Con il 4-3-1-2 la difesa respira e i centrali, meno sotto pressione, reggono. Juan e Ranocchia vanno in difficoltà solo di fronte alle invenzioni, nel primo tempo, di Dybala, per il resto non rinnegano, soprattutto il secondo, sortite offensive. Santon è ordinato, disciplinato, Dodò, subentrato all'infortunato Nagatomo, alterno.

Vince l'Inter, perché Icardi, sornione per 45 minuti, svolge come pochi il mestiere del centravanti. Destro secco per il 2-0, stacco d'anticipo per il tris. Prima un palo, spettacolare. A capo chino torna a centrocampo, qualcosa non va, ma il successo spazza via dubbi e silenzi. Un brivido, nella ripresa. Dybala spara alto da pochi centimetri, dopo l'incertezza in coppia di Handanovic e Ranocchia, ma è la notte dell'Inter e di Mancini.

La classifica non fornisce garanzie, ma non è tempo di tracciare tabelle. L'Inter cresce, in attesa di Kovacic. Il volto del croato in panchina racconta di un momento difficile. Senza Kovacic, la squadra è più compatta, perché collocare il croato non è semplice. Il tecnico attende una crescita tattica importante, impossibile rinunciare a un ragazzo eletto a simbolo del futuro.

Se l'Inter è quella di ieri, con un trequartista e due punte, ipotizzabile in futuro un doppio uomo alle spalle di Icardi, magari Kovacic e Shaqiri, visto il Palacio di questi tempi. Tocca a Mateo alzare l'asticella, sommare, a un'indubbia qualità, continuità e applicazione.