Trequartista? Regista? Mezzala? Qual è in realtà il ruolo di Mateo Kovacic? La stellina croata, sbiadita, pensa e ripensa, in panchina. Mancini sa che Kovacic è un patrimonio assoluto, un talento in erba, ma non può aspettare. Il tempo all'Inter è prezioso e anche il punto fermo del rinnovamento, l'uomo intorno a cui costruire il progetto del futuro, può essere messo in discussione. Questo, per Kovacic, è il peggior momento all'Inter. Lo sguardo del croato è triste, vuoto. Mateo è un giocatore intelligente e come tale si interroga, vede la squadra faticare con lui in campo e sciogliersi senza la sua classe. Le gare di Napoli e di San Siro con il Palermo dimostrano che l'Inter per la prima volta può prescindere da Kovacic.

Per quanto? Domanda legittima, perché se Kovacic è oggi un lusso più di una risorsa, un undici di qualità non può fare a meno del piede educato e della mente d'autore del ragazzo di Linz. Se Kovacic vuol diventare un fuoriclasse, urge una scossa mentale. Un salto in avanti a livello di personalità. Solo allora Mancini si volterà e chiamerà il 10. In Kovacic, il Mancio rivede il suo calcio fatto di colpi, improvvisazioni, poco incline agli schemi, ma la fase in cui transita l'Inter non permette scarabocchi sullo spartito. Il 4-2-3-1, con Kovacic trequartista, si è arenato presto. Troppo offensivo, senza offendere. Cambio di rotta, verso un più armonico 4-3-1-2, con tre centrocampisti in grado di proteggere una difesa pericolante. 

Regista no. Davanti alla difesa Kovacic non può giocare, o meglio può farlo, ma è un rischio. Mancini predilige in quel ruolo Medel, un distruttore. Proprio l'energia del Pitbull consente al tecnico qualche licenza offensiva. Il moto perpetuo del cileno oscura rientri non sempre a tempo e lascia rifiatare giocatori come Guarin, cresciuti ma tatticamente non finiti. Kovacic è altro concetto di giocatore. In quella posizione può avviare con costrutto la manovra, alla Pirlo, ma a tradirlo è la tendenza a portar palla, quell'innamoramento per il tocco in più che paralizza talvolta il gioco.

Mezzala? Sì, è qui dove Kovacic deve imporsi. Non in un centrocampo a 5, meglio in uno a 3. Nel 3-5-2 di Mazzarri, la mezzala è chiamata a un sacrificio ulteriore, non richiesto invece nel 4-3-1-2. Con Mancini, i due esterni di mezzo devono allargarsi a protezione delle corsie e inserirsi a turno in zona gol, per aggiungere un uomo ai tre davanti. Kovacic è perfetto nel supporto al reparto d'attacco, deve completarsi in contenimento. Complesso però insinuarsi nelle gerarchie attuali, perché Guarin e Brozovic sono perni diffcili da rimuovere. Il colombiano, posto un passo indietro, è giocatore di importanza capitale, non a caso uno degli intoccabili. Strappa, conquista, riparte, un centrocampista perfetto. Brozovic si è calato in punta di piedi nella rumorosa Milano e si è preso il posto in campo. Bene a Napoli, tra i migliori con i rosanero, fa tutto bene Brozovic, ovunque. Questo è il problema, per Kovacic. 

Ora tocca a Mateo, Mancini ama calcisticamente Kovacic, ma vuole il cambio di passo. Il futuro di Mateo è adesso, l'Inter non può permettersi di perdere Kovacic e a Kovacic serve l'Inter, per diventare grande, grandissimo.