Un dato è certo. Quella di Glasgow è stata la notte dell'Inter, che se fosse in certi frangenti più logica e razionale, risparmierebbe inutili sofferenze per sé e per un popolo che la sostiene. Questa è la (pazza) Inter. Parte alla grande, va sul 2-0 forse troppo presto e si rilassa, nell'unico stadio che non ammette cali di tensione. È stato comunque un grande spettacolo, merito (o demerito) di due squadre ancora grezze, ma votate a un calcio propositivo, come impongono cornice e tradizione europea. Le leggende della finale di coppa dei campioni del 67 hanno passato il testimone ai loro nipoti con quello spirito italo-scozzese che può soltanto allungare la vita di questo sport. L'Inter gioca bene, crea, diverte. Come tutte le realtà in progress però commette degli errori, e li paga carissimi.

Le indecisioni della difesa e un centrocampo mai continuo per attenzione e copertura sono alcune delle disattenzioni da evitare. Problemi forse più di reparto che di singoli, anche se "qualcuno dopo il 2-0 giochicchiava". L'assenza di Brozovic, il momento tutt'altro che positivo di Kovacic e le bizze di Kuzmanovic e Guarin rendono questa squadra unica, per ora incompiuta. Nella notte di Palácio, doppietta e tanta corsa per i compagni nonostante una stagione maledetta, l'Inter ritrova il coraggio e la forza di osare, pensieri da grande, in attesa di quelle correzioni e di quei gesti che possono mettere in ghiaccio un match infuocato.

Il 3-3 finale grida vendetta, ma premia un Celtic mai domo nella ripresa e che verrà a Milano con ben altri propositi. Bene i nerazzurri, tre gol in trasferta restano un bottino invidiabile, questa volta i numeri aiutano il popolo interista. Tra una settimana il verdetto, troppo semplice ottenere subito risultati e continuità, ma i progressi sono evidenti e la direzione è quella corretta. Sperando di salire ancora e scendere il meno possibile.