L'Inter esce da San Siro a testa bassa, respinta dalla prova verità. I recenti successi, tra Serie A e Europa League, portatori di entusiasmo e ritrovata ambizione, si spengono al cospetto dell'egiziano di Firenze. Salah entra e decide, con un guizzo, da opportunista. Sgombriamo il campo da dubbi, l'Inter può recriminare per quanto non concretizzato, con Icardi e Palacio, sì il risultato non premia quanto visto. Nella partita a scacchi tra Mancini e Montella, giusto forse il pari, decide invece un episodio, che testimonia come l'Inter sia ancora creatura in divenire, senza ad oggi un fine compiuto. 

Scoperto il modulo, 4-3-1-2, occorre ora identificare gli interpreti. Qui iniziano le colpe del tecnico, che gioca la carta del rilancio in un match delicato. Podolski e Kovacic, riposati, dal primo minuto, per garantire energia e qualità, per recuperare mentalmente due giocatori fin qui sottotono e chiaramente indispensabili nella corsa finale. Entrambi escono tramortiti, non basta un cambio di modulo in corsa - il passaggio al 4-2-3-1, fatale alla continuità di Guarin e Brozovic - perché Podolski è abulico, impacciato sia da seconda punta che da esterno d'attacco, e Kovacic corricchia a vuoto, cerca la palla, senza la giusta idea di posizione e ruolo. Trequartista errante, senza illuminazione. 

Sotto, Mancini corre ai ripari. L'ingresso di Shaqiri è una scossa, in un attimo l'Inter si trova dalle parti di Neto, ma non colpisce, anche con uno, due uomini in più. Il finale d'assalto è vano e l'Inter perde, Mancini, non soddisfatto, ammette le pecche iniziali. 

Il gioco appare meno fluido rispetto al recente passato, perché il giro palla è lento e l'Inter sbatte sulla trequarti di fronte all'organizzazione di Montella, che invece vince la partita proprio rinunciando ad avere un punto di riferimento. La Fiorentina, rimaneggiata, fa male sfruttando le leggerezze dell'Inter, poi si difende. 

Sì, il risultato è forse in parte bugiardo, ma l'Inter torna a mostrare limiti coperti dalle scorpacciate recenti ed è su quelli che serve tornare a lavorare, come sull'identità di squadra, su quel pallone che Palacio, egoista, non riserva a Icardi, sinistramente simile a quello scatenante la polemica Osvaldo-Inter. 

Si riparte domenica, da Napoli, crocevia interessante.  

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Johnathan Scaffardi
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