Anche l'ultima illusione si spegne, l'Inter resta al buio e sullo sfondo si ode solo la contestazione di uno stadio sedotto e poi tradito. La risposta alla chiamata alle armi è buona, il pubblico si schiera con la squadra in difficoltà, fornisce appoggio e energia, spinta emotiva. Per una sera i patemi del campionato lasciano il campo, insieme si insegue un obiettivo, una rimonta.

90 minuti di estremo realismo, l'Europa non porta un vento nuovo, resta il sapore amaro della A. Il Wolfsburg non è irresistibile, ha buone individualità offensive, ma è una squadra "normale", battibile, se l'Inter fosse all'altezza della situazione. Due gol per mantenere viva la speranza di Coppa per la prossima stagione, ne arriva uno, a buoi ormai scappati, e non a caso a segnarlo è Palacio, l'unico ad uscire a testa alta dalla notte milanese. 

Il giorno dopo difficile fare considerazioni a mente lucida, l'Inter è a terra e occorre ora finire dignitosamente la stagione, partendo dalla trasferta di Marassi, dimostrare attributi e senso di appartenenza, in estate Thohir è pronto ad accontentare Mancini e a costruire la prima Inter a misura del tecnico, rinunciando a qualche pedina di spicco. 

In ogni reparto servono innesti di qualità, chiaro che i principali indiziati della disfatta risiedano nel reparto arretrato. Il primo gol del Wolfsburg, quello che segna la condanna nerazzurra, è un insieme di errori individuali e di reparto. Campagnaro resta nella terra di nessuno, Ranocchia esce inopinatamente, Juan si addormenta al centro, collezionando l'ennesima topica di un periodo nero. Proprio il brasiliano è nel mezzo di un dibattito in casa Inter. Da sempre considerato un punto fermo per il futuro, vista la giovane età, ora sul banco degli imputati. La diagnosi è evidente, Juan è un difensore fisicamente dominante, ma senza una guida sicura al fianco deraglia con preoccupante continuità.

Mancini non aiuta la squadra, perché nella serata del non ritorno, senza Shaqiri, sceglie un 4-4-2 con Hernanes e Kovacic esterni di centrocampo. Ovvia la fatica dei due in un ruolo prettamente dinamico, i richiami non trovano risposta. L'idea di proteggere le corsie, per limitare il Wolfsburg, finisce per inibire le qualità dei due giocatori di maggior talento nell'organico dell'Inter.

Un peccato, perché quando la palla gira il Wolfsburg va in difficoltà, ma l'Europa non concede passaggi a vuoto, non accetta squadre senza personalità ad alto livello. L'Inter esce con merito, e ora progetta il futuro, riparte, ancora. Pochi punti fermi, il resto è un lungo processo d'analisi, da qui a giugno.