Ci sono date che non possono non entrare nel cuore dei tifosi. Se si parla di Inter, un posto importante lo riserva anche il 28 aprile. Anno 2010, s'intende. La miglior stagione nella storia nerazzurra. Quella che ti fa dire "come noi nessuno mai", quella che ti regala il Triplete. Camp Nou, semifinale di Champions League, in palio l'ultimo posto per la finale di Madrid, dove si sa già che ci sarà il Bayern di Van Gaal. Forse però è necessario fare un passo indietro.

La settimana prima, a San Siro, si è assistito alla gara di andata tra Inter e Barcellona. Il peggio che ai ragazzi di Josè Mourinho potesse capitare, la miglior squadra del pianeta, la massima espressione di quello sport chiamato calcio. Ma, come già detto, quella era la stagione della Storia. Si mette male, serpentina di Maxwell e gol di Pedro: 0-1. Se perdi in casa e sai che poi ti aspetta il Camp Nou avresti molti motivi per pensare quantomeno negativo. Ne hai qualcuno in meno, invece, se sai che tra le tue fila militano campioni veri. Giocatori che la storia la possono scrivere. E allora, ecco che si scatena una valanga che si abbatte sugli azulgrana, li stordisce e non li fa rialzare. Sneijder, Maicon e Milito ribaltano non solo il pronostico ma anche le percentuali qualificazione. Fattore Camp Nou permettendo.

E quanto il fattore Camp Nou possa incidere la truppa di Mourinho lo scopre una settimana dopo. Di notte non si dorme se i tuoi avversari credono nella Remuntada, se dicono che venderanno cara la pelle. Una mano gliela danno i tifosi, che passano la notte sotto l'albergo nerazzurro con cori e pentolacce. In città tutti sono convinti che in finale ci andrà il Barcellona. Del resto giocarsi una Champions League nella tana degli avversari storici del Real un pizzico di motivazione in più la dà. E Josè Mourinho, che il mondo del calcio lo conosce bene, ha pianificato tutto. Come il suo solito, nulla è lasciato al caso. Per prima cosa decide di fare capolino da solo sul terreno di gioco e prendersi bordate di fischi dai su per giù centomila tifosi catalani. Via la pressione dalla squadra: io scateno la loro rabbia, voi pensate a giocare.

Già, ma giocare come? Certo la gara di San Siro ha dimostrato che l'Inter può senza problemi scontrarsi a viso aperto contro gli uomini di Guardiola, ma San Siro non è il Camp Nou, Milano non è Barcellona. Meglio mettere da parte fronzoli e simili e puntare alla sostanza. In undici dietro la linea della palla e sfruttare le ripartenza può bastare? Sembrerebbe di si, se non fosse che a rovinare i piani ci pensa una simulazione del poco sportivo Busquets che approfitta di un tocco velato della mano del povero Thiago Motta sul suo volto per rotolare a terra e chiedere giustizia. Il simpatico De Bleeckere, arbitro dell'incontro, ci casca ed estrae il rosso. Gli eroi, quelli che poi assumeranno la specificazione di "del Triplete", però non sono intenzionati a lasciar perdere il loro appuntamento con la storia. Quando, ancora nel corso del primo tempo, Julio Cesar vola a togliere un pallone a giro di Messi dall'angolo basso a destra della porta da lui difesa, si capisce che forse è davvero l'anno dell'Inter. Fino alla fine è solo sofferenza, atroce sofferenza, con i blaugrana che spingono e la muraglia nerazzurra che regge. Fino al minuto 84, quando Piqué trova l'1-0. Ne serve un altro, che arriverebbe anche al minuto 92, quando Bojan Krkic realizza ma il direttore di gara annulla -generosamente- per un presunto mani di Yaya Tourè. Non c'è più tempo per nulla. A Madrid vola l'Inter.

Come poi andrà a finire è noto. Quello che è importante è che quel 28 aprile, Josè Mourinho e i suoi ragazzi hanno scritto un pezzo importante della storia loro e del popolo nerazzurro intero. L'importanza di certe date.