I singoli, quelli più bravi degli altri, li prendi per questo, per farti vincere partite altrimenti complesse, per sbrogliare matasse pericolose, per morale e prospettive. Stevan Jovetic è un talento fragile, ma purissimo, pensa con rapidità ed esegue con freddezza, non ha paura della giocata, deve solo ripulire un motore imballato per diventare devastante. Per ora decide lui, con tre reti per complessivi sei punti e l'Inter respira aria di testa, con dubbi meriti.

Un'ipotetica linea disegna il campo e costruisce un'architettura attorno a cui si dimena il gruppo. Uno scheletro, un riferimento, Jovetic danza tra le linee, Miranda trotterella dietro. Il brasiliano è il ministro del settore di difesa, emana sicurezza, urla e distribuisce, palloni e compiti. Sa quando occorre allungarsi, quando serve un attimo di attesa, quando urge alzare l'asticella fisica, quando con le cattive bisogna sopire fuochi pronti ad ardere. Matos schizza ovunque, è lui l'arma del Carpi, Miranda lo disinnesca e l'Inter trae freschezza dal suo totem.

In sette giorni, può succedere poco, naturale che l'Inter assomigli a quella d'esordio, senza Icardi e Gnoukouri, con Guarin e Jojo, fin dai blocchi di partenza. Perisic siede in tribuna, ora tocca a lui. Un undici lento, che avanza in blocco e poi torna indietro, è un sù e giù prevedibile, con passaggi brevi, scolastici. Medel è splendido distruttore, modesto architetto. Guarin perde palloni e coordinate - salvo poi costruire le due occasioni che portano al successo - Kondogbia è compassato, almeno per un'ora. Mancini chiede spinta agli esterni, ma Santon è propone uno spartito sempre simile a se stesso e quindi arginabile, Juan ha foga e coraggio, ma è un rude centrale, non un raffinato uomo di fascia. La somma dei fattori porta a un deprimente risultato. Dominio territoriale, nulla più. Brkic, mai sollecitato, cade quando cade la difesa posta a sua protezione affonda. Disattenzione fatale, uscita rivedibile.

Tocca invece ad Handanovic sbarrare la strada a un Carpi generoso. Il vantaggio non colora la partita, è un film muto, in bianco e nero, in cui chi è più forte corricchia aspettando la doccia e chi è più debole sputa sangue per meritarsi la piazza. Il gol c'è ed è del Carpi. La confusione finale premia l'Inter, questione di singoli, quelli più bravi servono per vincere le partite, difficile però impostare un campionato sulla giocata di un campione.

L'impressione è che l'undici nerazzurro sia zoppo, in diverse zone. Mancini ha un credo differente, ma non può proporlo, almeno con questi effettivi. Ore frenetiche, per inserire tasselli utili a un progetto di gioco in divenire. Dal 4-3-1-2 al 4-3-3, una virata netta per accendere la luce e cancellare una pericolosa tendenza, tecnica ed emotiva.