Segnali. Dal campo alla panchina. L'Inter batte un colpo, il terzo, sinistramente simile ai due precedenti. Latita il gioco, ma arriva la vittoria, di misura. Un sussulto di Guarin a inizio ripresa, una corsa sotto la curva, a ricordare la presenza dopo 45 minuti di anonimato. Mancini, al triplice fischio, sorride, conosce i limiti attuali del gruppo e conosce quanto conti incamerare ora punti e fiducia.

Nel cantiere nerazzurro, fari sul reparto arretrato. Mezzora di derby per confermare l'importanza di Miranda. Murillo, al fianco di Medel, scopre il lato e si espone alla rapidità di Bacca e Luiz Adriano. Superficiale, offre al Milan lo spunto per offendere. Con il passare dei minuti, si solidifica la retroguardia, ma la personalità di Miranda è un unicum. Senso del gioco, letture, doti che rendono l'ex Atletico un puntello chiave. Convincente la prova degli esterni. Juan Jesus si propone e copre, chiudendo la porta, con una diagonale perfetta, all'azzardo del Milan. Santon mostra i denti e duella alla pari con De Sciglio.

Numero uno. Handanovic torna ad esaltare la platea di San Siro, in avvio, quando chiude lo specchio a Luiz Adriano, e soprattutto al tramonto, quando innesca un duello a distanza con Balotelli. Parate da fuoriclasse in una notte che segna il ritorno dell'Inter al tavolo dei grandi.  

La vittoria di Mancini è però nel mezzo. F.Melo è l'assoluto padrone della zona mediana. Trotterella, per acciacchi e condizione, ma dispensa sapienza e cattiveria. Morde le caviglie altrui, imposta con semplicità, senza la frenesia che attanaglia altri nel ruolo. Più volte riceve consensi dagli spalti, acquisto di lusso. Di Guarin si può dire tutto e il contrario di tutto. Discontinuo, ma tremendamente efficace. Infine Kondogbia. Quando nella ripresa slalomeggia, esalta la folla, prima è però pesce fuor d'acqua, preso d'infilata da Kucka. Deve crescere.

L'abbonandanza d'attacco consente a Mancini ampia gamma di scelta. Si parte con Perisic nell'insolita veste di trequartista e Icardi - Jovetic davanti. Mauro sbaglia una colossale palla gol sul finire della prima frazione, mentre il montenegrino è luce, classe. Accorcia, sprinta, imposta, rifinisce, fin quando ha gamba è un piacere per chi osserva. Nella ripresa, spazio a Palacio, corsa e polmoni per rintuzzare il ritorno del Milan.

L'impressione è che la base sia ottima, un diamante da sgrezzare, restituendo nobiltà a una manovra impastata. Mancini sa che non può vivere d'improvvisazione, dopo aver eretto il muro difensivo, deve "insegnare" all'Inter la bellezza del calcio.