Onore ai vinti. L'Inter di Mancini si arrende, dopo un eroico assalto finale, agli azzurri di Sarri. Partita meravigliosa, nel complesso, degno spot pubblicitario di una Serie A che sta tornando (finalmente!) protagonista di sè stessa. Due squadre toste, concrete e con attributi grandi così. La sfida è all'altezza delle aspettative e, apparentemente, la sconfitta nerazzurra ha un sapore dolciastro. Già, perchè la banda Mancini rimane ancorata saldamente al gruppone di testa; costretta a cedere il passo soltanto allo strapotere casalingo dei partenopei. 

L'Inizio del match sembra il remake della partita Inter-Fiorentina del settembre scorso. Higuain, da fenomeno qual è, tira fuori dal cilindro la magia dell'1-0. Prima ancora che la partita inizi. Prima ancora che il pubblico prenda posto, lui apre le danze. Di fatto, il Napoli parte sempre con un gol (o più) di vantaggio grazie a quel signore con la 9 sulle spalle. L'Inter si spaventa e mostra i chiari segni di allergia al "calcio totale"  dei maestri Sousa e Sarri. Sembra il preludio ad una nuova goleada. Sequel già scritto di una tragedia iniziata male e destinata a concludersi peggio. Il Napoli fa ciò che vuole sul terreno di gioco. Higuain, Insigne e compagni mettono a ferro e fuoco la trequarti interista. Gli avanti ospiti steccano e sono male assortiti dai compagni. Nullo Icardi, annullato Ljajic, è il tuttofare Brozovic che prova ad accendere la luce. Ma c'è poco da fare.  Il 4-3-3 di Mancini non si incastra con quello sarriano poichè le mezzali di casa sono imprendibili e sgusciano alle spalle di Medel. Gli azzurri giocano sul velluto, minacciando di far crollare a minuti il castello di carte interista. Gli astri si allineano quando Nagatomo decide di abbandonare anzitempo il match e lasciare i suoi in 10. Appare tutto già scritto. Un perfido scherzo del destino che si diverte a far crollare le certezze della miglior difesa del nostro campionato in soli 45'. L'intervallo arriva come manna dal cielo, permettendo a Mancini di riordinare le idee di una squadra colpita al cuore, confusa e terribilmente spaventata dalle folate degli avversari.

Tuttavia, paradossalmente, avviene qualcosa di impronosticabile. Sin dai pulcini, in una situazione del genere, l'allenatore della squadra in vantaggio spronerebbe i suoi a chiudere la pratica, poichè molti sanno che non bisogna vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso. Ebbene, forse il maestro Sarri commette un errore. Poteva costargli caro, ma evidentemente in questo periodo risulta immune a qualsiasi tipo di ripercussione (mediatica e in questo caso tattica). Il Napoli sembra sedersi, agli albori della seconda frazione. Adagiato sul cadavere di un'Inter morente, ma non ancora morta. Il leone è ferito, si dice in questi casi,ma ha ancora la forza per reagire. Certo, se poi hai in squadra Gonzalo Higuain queste cose finiscono per passare inosservate. Già, perchè lui è così. Giocate sopraffine, da stropicciarsi gli occhi. Soprattutto decisive. Perchè quando al minuto 62 decide di chiudere la partita da solo nessuno ci crede. Si inventa un gol da un rinvio di testa dell'incredulo Albiol. Un mix di rapidità, fisicità e potenza che sembra dare il colpo di grazia alla sua preda di serata. Si sprecano i paragoni con Maradona. Alt! Direte voi. Eresia, ma forse non troppo. Il Napoli torna in alto in classifica, ultima volta 29 aprile 1990, anno del secondo scudetto. I conti tornano (non ce ne vogliano i più scaramantici). 

D'un tratto però succede qualcosa. L'Inter, sofferente e in 10 uomini, sembra rialzare la testa e, minuto dopo minuto, riprende coraggio. Sale in cattedra Ljajic, orchestrando alla perfezione la banda slava ringalluzzita dall'ingresso di Jovetic. Nessuno ci crede più, ma i nerazzurri sì. Lampo nel buio e gol del 2-1. Chi ha segnato? Ah già, proprio Adem. Arrivato all'ultimo respiro in una notte di fine estate. Giocatore dotato di una tecnica cristallina, capace, allo stesso tempo, di venire alle mani col povero Delio Rossi. Fulmina Reina dal nulla e fa tremare le vene e i polsi ai tifosi azzurri. Il Napoli si spaventa e nel finale rischia di capitolare. Doppio palo di Miranda e Jovetic, perchè un sequel che si rispetti ha un finale diverso dal primo film, mira a sorprendere lo spettatore e, stavolta, a fargli perdere dieci anni di vita. Il risultato non cambia. Il Napoli esulta dopo tanta inspiegabile sofferenza, confermandosi forte con i forti e forte con i deboli. Squadra completa, totale e totalizzante. Si merita ampiamente l'ovazione del suo stadio. Quello stadio, checchè ne dica De Laurentiis, capace di farci emozionare una volta di più. La quattordicesima giornata di Serie A ci regala due certezze: il Napoli si candida in maniera autoritaria alla vittoria finale, ma l'Inter c'è. La squadra di Mancini getta il cuore oltre l'ostacolo, dimostrando di avere attributi e personalità. L'allenatore jesino, aldilà della doccia gelata del primo tempo (dopo quella "infarinata" per il suo compleanno), può ritenersi soddisfatto. Perchè a volte, persino le sconfitte, hanno un sapore agrodolce.