L’ha voltata lui la pagina. Punto e a capo, si riapre un capitolo. La Lazio riparte da Felipe Anderson, il suo trascinatore timido e silenzioso. Il numero 10 biancoceleste, fischiato come tutta la squadra ad inizio gara, accende la luce in una giornata piovosa, che descriveva bene l’umore del popolo laziale. Se il tempo è uggioso, lui si illumina. E’ la caratteristica dei grandi, di chi va controtendenza dettando la strada da cui ripartire. Una magia, ancora più bella di quella simile contro il Sassuolo lo scorso anno, che tramuta i fischi in applausi in un battibaleno. Si sa, la piazza di Roma è esigente, umorale, forse fin troppo. Allora il 5-0 di Napoli non era stato digerito, allo stadio c’era aria di contestazione e un’ennesima sconfitta contro il Genoa (8 vittorie consecutive dei grifoni prima di questa) avrebbe scatenato le critiche dell’ambiente. Felipe è tornato, dicono, ma in realtà non se n’è mai andato. Solo che le aspettative nei suoi confronti sono cresciute drasticamente, ci si aspetta che risolva sempre la partita. E’ stato lui a fornire l’assist vincente a Matri contro l’Udinese, è lui il protagonista di Lazio-Genoa. Quattro panchine consecutive in campionato - forse eccessive - lo avranno caricato. Lui ha risposto sul campo, con un’altra magia, alla Felipe. 

L’immagine di copertina del match è sicuramente la perla del brasiliano, ma non è tutto oro ciò che luccica. La Lazio, nel primo quarto d’ora, soffre i movimenti senza palla degli attaccanti genoani. Cataldi e Parolo non filtrano le incursioni centrali, di conseguenza Gentiletti e Mauricio soffrono e non poco. La Lazio in difesa balla, dimostrando tutte le sue lacune in quel reparto. La doppia occasione di Rincon (prima palo, poi tiro bloccato da Marchetti) fa tremare Pioli, che aspetta trepidamente il ritorno di De Vrij. Se la Lazio la scorsa stagione aveva dominato il Genoa e poi perso, questa volta la fortuna è dalla parte dei capitolini. Sì, perché la Lazio nel primo tempo è contratta. Percepisce il clima dello stadio, quella tensione scorre nelle vene dei giocatori. Pioli incoraggia con costanza i suoi, “Forza ragazzi, dai su!” ripete a gran voce dalla panchina. Vede che non è la sua Lazio migliore, che qualcosa va ancora sistemato.

Il ritorno al gol di Djordjevic (segna ogni 173 minuti) e la magia di Felipe regalano un sorriso a Pioli, ma ancora non la felicità. Questa Lazio viaggia un po’ come il suo pupillo Anderson, va a scatti, troppo. A volte si, a volte no. Questo Pioli lo sa, una vittoria fa bene, ma c'è ancora tanta strada da percorrere.