Neanche il Napoli di Maradona era arrivato a tanto, gli azzurri vincono per la prima volta nella Storia in Germania dopo 5 sconfitte e 5 pareggi, due volte nell’89 per 2-2 e 3-3 a Monaco e Stoccarda ("grazie" ai gol sbagliati nel finale di gara da Carannante a Monaco e al pareggio regalato da De Napoli, autore di un autogol e di un assist all’attaccante dello Stoccarda Schmaler al termine della gara per il definitivo pareggio dei tedeschi, che comunque regalò la Coppa), sconfitte a Dormund l’anno scorso in Champions per 3-1, 3-2 per il Bayern nella Champions mazzarriana, umiliazione 5-1 a Brema contro il Werder di Kalle Riedle, pur schierando il tridente Maradona-Zola-Careca, sconfitta anche per il Napoli di Boskov a Francoforte per 1-0, con gol di Yeboah e per quello di Giacomini a Kaiserslautern nell’82 con un 2-0 nella nebbia ai tempi di Briegel.

Invece un Napoli strabiliante strapazza il Wolfsburg con una gara a dir poco perfetta: concentrato come mai in passato, sferzato dal ritiro e complice del proprio allenatore, si comporta da squadra di rango superiore, sopperendo con quella determinazione da sempre agognata alle carenze tecniche del centrocampo e alla svagatezza della difesa, centrando la vittoria e surclassando l’avversario con la tecnica e le giocate dei propri fuoriclasse, che inventano gol di pregevole fattura, dominando  alla Volkswagen Arena.

Il Wolfsburg, pur non possedendo una difesa imperforabile, è squadra di tutto rispetto, lo spauracchio principale dell’Europa League, imbattuto da 23 gare e con un ruolino di marcia impressionante, con 9 vittorie consecutive tra le mura amiche (si ricorda, tra le tante, la vittoria per 3-0 sul Bayern in Campuionato), ma il Napoli è encomiabile e incontenibile.

Una partita fantastica, sognata da tanti e irrealizzabile per molti, un tripudio di azzurro, nel giorno del 55° compleanno di Rafa Benitez, omaggiato dal gruppo, che gli regala una gioia, dimostrando un attaccamento morboso e sincero all’allenatore che usa con tutti bastone e carota, facendosi apprezzare aldilà delle sue decisioni di formazione o di campo.

Si perchè, checchè ne pensino gli avventati contestatori di Benitez, obnubilati dall’amarezza di qualche risultato negativo e di una stagione in gran parte deludente (si spera solo fino ad ora), lui è un valore aggiunto per un progetto che vuole crescere e non vivere di emozioni intense, ma fini a se stesse, come dichiara apertamente lo stesso Rafa, che non può scegliere momento migliore per rivelare le sue grandi verità, che creano dubbi sul rinnovo contrattuale.

Dichiarazioni poco criptiche stavolta, si delineano i motivi della scelta di Rafa, positiva o negativa che sia, sulla sua permanenza a Napoli.

Arrivano per la prima volta chiare e senza lasciare spazio a interpretazioni di sorta le parole di Rafa, che lascia la porta della del suo rinnovo semiaperta, condizionando la sua decisione alla volontà della società, che sino ad ora ha operato bene con crescita graduale e progressiva, ma che deve ancora compiere il passo definitivo per la sua consacrazione nel calcio che conta, migliorare in aspetti non solo legati al campo, per consolidare il suo prestigio e il suo Palmarès.

Rafa ci ha creduto e forse ci crede ancora, ma chiaramente pone De Laurentiis di fronte a un bivio e dalle sue decisioni forse si capirà anche il destino del Napoli: vivere alla stagione, relegando la possibilità di vittoria alla mera casualità e a un concatenarsi di eventi fortunosi e divinatori o creare una base solida su cui fondare serie pretese di successo? Questo è il dilemma Aureliano dell’immediato futuro. Si continuerà con Rafa, ponendo basi solide o si opterà per il pari e dispari, puntando su Mihailovic e la sua voglia di emergere, facendo un passo indietro decisivo, ma sfruttando l’appeal dell’epicureismo partenopeo?

La programmazione, gli investimenti immobiliari in Stadio e Centro sportivo, in strutture e attrezzature sono fondamentali e se ci sarà la volontà di diventare una società stabilmente di livello bisognerà giocoforza compiere questo passo.

La crescita ovviamente passa anche attraverso la maturità del tifoso, che è e potrebbe essere non solo il primo sostenitore, ma è di fatto e potrebbe diventare il primo finanziatore, attraverso meccanismi di azionariato popolare, che garantirebbero, nel caso, risorse fondamentali per la propria squadra del cuore, che sentiranno propria non solo nel cuore, intriso da incrollabile Fede.

Insomma, il progetto, la crescita, il futuro di Benitez e della società, comprese le aspettative dei tifosi, sono tutte nelle mani di De Laurentiis, non come una patata bollente, ma come una grossa opportunità, che sicuramente costringerà il Patròn ormai a giocare a carte scoperte.