Qual’è il vero Napoli: quello di Wolfsburg o quello di Bilbao? Quello che ha battuto la Roma al S.Paolo o quello che perde gare come Palermo, Torino, Verona? Quello del 4-2 alla Samp o quello del 2-4 di ieri?

Una sconfitta insospettabile, ormai a un passo dall’obiettivo (più che raggiungibile e ora un pò meno facile), ma soprattutto per l'insicurezza che i giocatori in campo hanno trasmesso, sentenziando ancora una volta che di loro non ci si può fidare del tutto.

Una discontinuità nei risultati, nell’approccio, nella gestione della gara, nel gioco, in tutto insomma, che rispecchia anche la situazione societaria, con la voglia, da un lato, di programmare, di crescere con l’organizzazione, con il Plan e, dall’altro,  il lento progredire, aspettando “o juorno buono”, l’annata vincente.

Ma  cerchiamo di esaminare i perchè di una sconfitta, che assomiglia molto ad una figuraccia.

Partiamo dalle scelte di Benitez, che come spesso accade, sono comprensibili e poco criticabili: il tecnico spagnolo sceglie i migliori, dimostrando voglia di vincere e consapevolezza dell’importanza della gara, secondo la sua filosofia e e le turnazioni obbligate, dovute ai troppi impegni consecutivi di alcuni elementi all’alba degli incontri ravvicinati con Milan e Dnipro. Una gara ogni 2 giorni e mezzo non può essere retta da tutti e almeno a turno ognuno dovrà riposare. La scelta di schierare Higuain dimostra in primis l’imprescindibilità del Pipita nelle gare in cui, almeno sulla carta, bisogna tentare di vincere. Andujar tra i pali, torna Maggio, gioca giustamente Koulibaly e viene confermato un Britos in gran forma, resta fuori Albiol per ovvi motivi, ha tirato la carretta fin troppo, sobbarcandosi da 2 mesi gare ogni 3 giorni e,in vista di Milan e Dnipro, bisognava effettuare la scelta sul suo obbligato riposo. Ghoulam, stremato e poi sostituito, scelta obbligata per l’infortunio alla caviglia di Strinic, ma con le troppe gare consecutive pronte ad eliminarlo ben presto dalla contesa.

E’ mancato Albiol, elemento imprescindibile per Benitez e, visto come andata, anche per tutti, squadra e tifosi. Raul, autore di una stagione per niente positiva per errori di distrazione e prestazioni spesso sotto tono (alcune disastrose), oltre a vivere un buon momento è l’unico leader (discontinuo) difensivo, ossia quello deputato a tenere la linea, a comandare il reparto, che già con lui stenta, figuriamoci senza. Nè Britos, nè il giovane Koulibaly hanno la capacità e l’esperienza per gestire un reparto già deficitario e talvolta poco aiutato dal centrocampo (oggi come non mai, per motivi anche tattici, oltre che tecnici e mentali), non hanno la scaltrezza, nè il dna per conferire la dovuta sicurezza e lo si è visto in maniera eclatante.

La turnazione in mezzo al campo era scontata e logica: Jorginho non poteva reggere la terza gara consecutiva in pochi giorni ed era pronto ad affrontare il Milan, squadra che ti fa giocare e gara in cui la palla deve scorrere. Altrettanto scontata la presenza di Inler, per conferire al centrocampo un pò di geometrie (nelle intenzioni eh) quando manca Jorginho e quella di Gargano, con i centrocampisti dell’Empoli della sua stessa statura e con un passo veloce, molto più adatto a contrastarli rispetto al lento (nel passo breve) e anche un pò stanco Lopez. Nel trio dietro la punta schierato ovviamente Mertens per Insigne (alternanza giusta e scontata con Lorenzo, che viene da un infortunio lungo e non può rischiare di andar in overdose di minutaggio), Hamsik (assente contro la Samp e in gran spolvero) e Callejon, utilizzato a copertura di Maggio, in ottimo periodo e preferito a Gabbiadini sulla fascia (se schierato seconda punta, Marek sarebbe stato relegato ingiustamente ancora una volta in panca). 

Esaminate le scelte sulla carta giuste o quanto meno giustificate di Rafa, vediamo invece il perchè della debacle sul campo: innanzitutto  l’inizio tremendo, con il Napoli insicuro nei due centrali difensivi in troppe occasioni, con la linea difensiva poco supportata dalla copertura dei centrocampisti, soprattutto grazie all’Empoli, alla sua aggressività e al suo schema tattico, con uno a volte due uomini in più in mezzo al campo. Lo schema di Sarri prevede una sorta di rombo a centrocampo, con Valdifiori avanti alla difesa, deputato ad impostare l’azione, due centrocampisti dinamici ai lati, come Croce e Vecino e un trquartista pronto ad inserirsi tra le linee della difesa e centrocampo avversario.

Bene, detto questo, il Napoli che schiera solo due centrocampisti e difende col 4-4-2, ha trovato non poche difficoltà tattiche ad affrontare lo schieramento avversario, con Hamsik e Higuain  che a turno dovevano ripiegare su Valdifiori, con Gargano e Inler che non solo di dovevano occupare di Vecino e Croce, ma dovevano tamponare sugli esterni, allargandosi e lasciando spesso Pucciarelli e Saponara a turno liberi, il doppio trequartista a far danni centralmente con i suoi inserimenti, prendendo d’infilata la difesa azzurra. 

Quale poteva essere l’antidoto? O schierare, come fatto nella ripresa, per ragioni contingenti (fuori Ghoulam stremato per Albiol e assenza di terzini), aggiungendo un uomo a centrocampo (ma non è nel dna di Rafa cambiare schema tattico, se non costretto, e lo sapiamo tutti) o cercando di scalare velocemente le marcature con intelligenza e pressing asfissiante in fase di primo passaggio.

Invece gli azzurri , non proprio con la testa nel match, sin dalle prime battute e in difficoltà nell’applicare gli schemi difensivi, non ci sono riusciti per niente, arrivando sempre tardi nelle chiusure e consentendo all’Empoli di creare la superiorità dalla trequarti in su, scoprendo la linea difensiva, che si è trovata troppo spesso ad affrontare l’inferiorità numerica, pagando dazio e sbagliando tempi e modi degli interventi. Tra l’altro sempre mal piazzata e vittima anche degli errori, veramente tanti, di Koulibaly, incerto come mai ed al quale, senza forse, il troppo riposo ha tolto anche quella tranquillità e spavalderia ammirata (a parte gli errori di gioventù, croce messa in conto). Innervositi dal primo gol subito gli azzurri hanno comunque dimostrato di subire la voglia dell’Empoli e la freschezza degli uomini di Sarri. Forse gli azzurri pensavan che l’Empoli non sarebbe stato avversario così coriaceo e combattivo, ed invece gli uomini di Sarri hanno giocato alla morte, come una finale del Mondiale.

Inoltre, la squadra si sfalda all’imprevisto negativo, troppe volte lo ha dimostrato, non riuscendo a trovare le giuste energie per reagire e giocando male sino al secondo gol, la mazzata che non ti aspetti, che ti fa perdere conoscenza e che ti ha condotto nel baratro, sino alla umiliante rete del 3-0 empolese, arrivata sul finire del primo tempo con il Napoli sconvolto dal risultato inaspettato e travolto da cattivi pensieri per l’obiettivo sfuggente e forse vanificato.Il secondo tempo, seppur con una piccola reazione di dignità ha lasciato poco spazio ai sogni e poteva cambiare difficilmente le sorti dell’incontro.

Il Napoli è a un bivio, con il dovere morale di continuare il Campionato cercando di vincerle tutte, sperando che l’Europa regali Coppa e Champions, senza fare voli pindarici, ma con i piedi per terra senza volare troppo fino alla verifica finale.

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