Poteva, doveva, tempo Imperfetto. Imperfetto come l'intera semifinale con il Dnipro. Imperfetto come tutte le partite disputate con squadre inferiori tecnicamente al Napoli di Benitez. Chievo, Dnipro, Palermo, Parma, Empoli, Torino, Athletic Bilbao, tutte squadre che hanno fermato e stoppato i sogni degli azzurri in campo. Contro le italiane, i risultati negativi hanno allontanato dal secondo posto e rimangano ora solo tre partite per raggiungere la seconda posizione. In Europa, nei preliminari di Champions, il Bilbao, al San Paolo, si è messo dietro la linea della palla e alla prima occasione ha castigato i partenopei; in Spagna, il Napoli iper-offensivo si è offerto al contropiede.

Così come con gli ucraini: due partite uguali, andata e ritorno, Dnipro coperto, ben organizzato, e Napoli che non riesce a sfondare. I due gol viziati da fuorigioco e falli? Vero il primo assioma, possibile il secondo, ma non basta. Chi doveva mettere palla dentro nelle due partite è venuto meno: nella prima partita il portiere Boyko ha parato tutto, nella seconda Higuain, a parte la prima azione, si è smarrito. L'allenatore del Dnipro aveva detto che sapeva come fermare il Napoli, operazione riuscita. Sulle corsie, raddoppi su Insigne prima e Mertens poi, spazi stretti, coperti con un centrocampista e un difensore in più e un unico attaccante sul fronte avanzato, pronto a ripiegare per dare una mano a tutti.

Morale della favola: fuori dalla finale di Varvasia, il Napoli non accede direttamente alla zona Champions e saluta i futuri 61 milioni di euro messi in palio dalla UEFA. Resta l'estremo tentativo di entrare in Champions League tramite il campionato, agguantando il secondo/terzo posto. 

Tutto questo forse, e sottolineo forse, si poteva evitare se Benitez avesse una sola volta cambiato il suo modo di giocare. Con le grandi squadre lo spagnolo va a nozze, giocano e lasciano giocare, c'è ampia libertà sulle fasce, ci sono spazi liberi dove poter gestire la palla e soprattutto contro le big non c'è bisogno di chiedere motivazioni super. Contro le piccole vengono fuori tutte le pecche del mister spagnolo. Una volta bloccata la sua fonte di gioco si ferma il Napoli e non si è mai giunti a  un cambio di schema, si è riproposto il medesimo motivo, andando a cozzare contro il muro dei difensori o, come è capitato, sbattendo contro tutti gli undici giocatori avversari che difendono con le unghie la propria porta. Lo scenario è sempre quello: Higuain che si innervosisce, Insigne che non riesce a saltare l'uomo, Callejon che è l'antitesi del giocatore ammirato l'anno scorso, Mertens che crea tanto ma non trova nessuno, salvo poi decidere per una soluzione personale, Hamsik che non sa più cosa fare anche perchè il più delle volte parte dalla panchina o non si alza nemmeno dalla stessa.

Non è questo il Napoli vero. Sempre scuse, sempre alibi, c'è sempre un sè e un ma di troppo. Il futuro di Benitez è in bilico, tra permanenza e addio.  Lo stesso discorso vale per i giocatori: chi rimane deve dare il sangue in campo, chi viene sa che per quella maglia azzurra si va oltre l'ostacolo. Chi sposa il Napoli deve avere la passione dei tifosi, in particolar modo di quei 300 fedelissimi presenti ieri sera a Kiev, delusi, amareggiati e per di più attaccati dagli ultras ucraini.