Aurelio De Laurentiis e l'ennesima sfida. Dopo il biennio Benitez, che ha salutato il capoluogo campano lasciando dietro di sè consensi ed altrettanti dissensi, il nuovo corso azzurro riparte da Maurizio Sarri. Una scelta ben precisa, ambiziosa ma anche coraggiosa ed alquanto intrigante. Il Napoli sceglie il made in Italy dopo la parentesi spagnoleggiante che ne ha visto, in panchina come in campo, i tratti caratteristici: bel gioco sì, ma anche tanti errori e, talvolta, sbadataggine e presunzione. Spazio ai sogni, alla voglia di affermarsi di un allenatore che arriva al culmine della propria carriera con la voglia di dimostrare di valere quanto, se non di più, del suo predecessore, che metteva in mostra, nel bene come nel male, il suo curriculum. Una scelta forse azzardata, che però potrebbe avvicinare il Napoli alla sua tifoseria, che si rispecchierà negli atteggiamenti e nel carattere duro ma anche focoso del toscano. Un legame indissolubile come pochi quello tra la città e la squadra. Un senso di appartenenza innato, che ben poche idee riescono a rendere tangibile e quantificabile, talvolta in maniera forse fin troppo morbosa. Il popolo rispecchia nella realtà, come parte di sè, risultati ed emozioni della squadra, che a sua volta trae vigore e si esalta grazie al calore del suo pubblico.

La storia - Una delle piazze più focose e passionali del calcio nostrano che spesso dimentica, forse offuscata dalla propria indole e dalle proprie prerogative, la mediocrità di una storia che per la maggior parte degli anni della propria esistenza non è mai riuscita ad emergere ed attestarsi definitivamente nel Gotha del calcio italiano, come in questi anni, soprattutto in un periodo di media o lunga durata. La cronaca del palmares della squadra partenopea narra di pochissime soddisfazioni, costellate nell'arco del tempo prive di costanza e continuità di risultati e programmazione, fatta eccezione per l'era Maradoniana e quella Aureliana. Il dato che attesta l'ultima epopea del calcio partenopeo è semplicemente oggettivo: le presenze, da sei anni a questa parte, degli azzurri nelle competizioni europee, come mai accaduto prima d'ora, ne sono la prima ed unica inconfutabile prova. La gestione De Laurentiis, in tal senso, è l'unica era storiografica che all'ombra del Vesuvio è riuscita a portare continuità di risultati e stabilità di rendimento della squadra, grazie ad un connubio di investimenti e scelte oculate, che nel corso degli anni hanno attestato la società azzurra come una delle prime tre società dello Stivale.

Negli anni addietro, però, non tutto è stato rosa e fiori, alternando spesso periodi più che floridi a stagioni apatiche, sciape di emozioni, che hanno relegato la squadra persino nelle serie minori (non ultimo il fallimento e la ripartenza dalla C). L'unica età dell'oro (la seconda, se vogliamo, è quella in essere anche se in bacheca ci sono soltanto due Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana) vissuta in Campania, porta inevitabilmente sulle proprie gloriose spalle il nome ed il cognome del Pibe de Oro, che incarnò lo spirito e la passione del popolo napoletano, riscattandolo nei confronti dei poteri delle squadre plurititolate del Nord. Diego Armando Maradona, grazie al contributo di Ferlaino e di una squadra costruitagli su misura, riuscì, dove alcuni avevano soltanto osato sfiorare, a portare Napoli sul tetto d'Italia e d'Europa: due Scudetti (1987 e 1990), una Coppa Italia (1987), una Supercoppa Italiana (1990) ed una Coppa Uefa (1989).

Due lampi, luminosissimi, in un cielo cosparso di delusioni e retrocessioni, con pochissimi tentativi, andati infine a vuoto, di successo. Due i trionfi fino a metà anni ottanta ed all'arrivo di Maradona da Barcellona, nel 1962 e nel 1976 in Coppa Italia, oltre ad una Coppa delle Alpi nel 1966. Al San Paolo, tuttavia, nel corso della storia del Napoli, si sono visti tra i più grandi talenti passati nell'Italia della Dea Eupalla: da Sivori ad Altafini, da Zoff all'indimenticato Ruud Krol, Sallustro a Juliano, Bruno Pesaola e Savoldi, per finire nelle ultime decadi con Zola, Cavani e Gonzalo Higuain.

Il nuovo Napoli - Quello che si affaccia alla nuova stagione sportiva 2015/2016 è un Napoli nuovamente operaio nell'animo, rinnovato nelle ambizioni e soprattutto nella programmazione. Il tentativo di imborghesirsi di internazionalità non è andato a buon fine: probabilmente per la prima volta nell'era dell'imprenditore romano si è provato a fare il passo più lungo della gamba, il che non ha portato agli effetti sperati. De Laurentiis, al termine di questo biennio di gestione Benitez, ha deciso di tornare all'antico, il che non fa di questa scelta necessariamente un passo indietro. Anzi.

La voglia di riscatto della squadra, unita a quella di emergere e di mettere in mostra le idee innovative del nuovo allenatore anche lontano dalla provincia, potrebbero restituire, oltre ad una squadra molto più italiana e con uno spirito molto più nazionalista, anche una certa fame di successi e risultati, che in parte era stata accantonata dalla voglia di crescita ed internazionalizzazione. Il Napoli firmato Sarri mira a portare con sè valori diversi sul terreno di gioco: spirito di sacrificio e abnegazione davanti al resto. Il risultato, come al solito, non è affatto assicurato, anche se nel tocco del presidente romano degli azzurri si denota, come spesso è accaduto, quella progettualità tutt'altro che fine a se stessa. Ai posteri l'ardua sentenza.

L'allenatore - L'emblema del rinnovamento e del nuovo spirito di squadra, maggiormente umile, porterà con sè un nome ed un cognome, quello dell'ex banchiere di Figline Valdarno: Maurizio Sarri. L'ex allenatore dell'Empoli ha terminato la scalata e, dopo aver shockato l'Italia intera con la squadra toscana, ha deciso di chiudere il cerchio della sua storia nel suo luogo di nascita ed origine. L'aria napoletana fa sentire nuovamente a casa l'uomo toscano di adozione, che dopo il lungo errare è tornato per riportare in alto la sua squadra del cuore: "A Figline, a scuola, ero l'unico tifoso del Napoli. Allenarlo oltre ad essere un onore è una cosa che mi rende molto orgoglioso". Dagli albori della sua carriera al Napoli: Sarri conferma, e lo ha dimostrato in questo primo mese di lavoro, di essere il solito inguaribile lavoratore, instancabile e maniacale curatore di qualsiasi dettaglio. Napoli lo ha già ri-adottato, in attesa di accettarne metodi di allenamento e carattere, oltre che vederlo all'opera al San Paolo e di acclamare ed inneggiare il suo nome.

La squadra - Il Napoli che esce dal ciclo Benitez ed entra in quello sarriano nasce con idee ben definite: l'ex Empoli sta costruendo, con l'aiuto del nuovo direttore sportivo Giuntoli, arrivato dal Carpi, una squadra a sua immagine e somiglianza, basata sul 4-3-1-2 come modulo di partenza. Anche se svariati protagonisti, soprattutto nel reparto d'attacco, sembrano fatti maggiormente per il 4-2-3-1 di Benitez, Sarri sta cercando di plasmare la nuova squadra attraverso innesti di qualità e valore: da Valdifiori ad Allan, passando per Chiriches ed Hysaj ed al ritorno di Pepe Reina. Del blocco di giocatori confermati chi dovrebbe giovare del cambio tattico dovrebbe essere Manolo Gabbiadini, che giocando accando ad Higuain si avvicinerà maggiormente alla porta. I maggiori dubbi riguardano invece lo spostamento di Lorenzo Insigne dalla fascia al centro, dove nel ruolo di trequartista ha messo in evidenza, nelle prime uscite pre-stagionali, tanti pregi ma anche alcuni difetti che vanno ovviamente limati. Anche su Callejon, dopo le prime uscite, permangolo i dubbi sulla sua compatibilità come seconda punta, ma lo spagnolo si è mosso discretamente e lascia ben presagire. La mediana è il reparto maggiormente rinforzato. Il gioco delle coppie, in questo caso, sembra ben definito: Allan e David Lopez saranno le mezzali destre, con compiti di interdizione e talvolta di spinta, Hamsik dalla parte opposta, con propensione all'inserimento, mentre Valdifiori e Jorginho saranno i registi. Ceduti Inler e de Guzman. In difesa Chiriches farà coppia con Albiol, Ghoulam a sinistra mentre a destra Hysaj potrebbe conquistare il posto di Maggio. In porta il ritorno di Pepe Reina dovrà garantire, oltre ad una migliore qualità tra i pali, una maggiore dose di esperienza e carisma, utile a tranquillizzare e cementare il reparto arretrato, da sempre punto debole dei partenopei.

Probabile formazione: (4-3-1-2): Reina; Hysaj, Chiriches, Raul Albiol, Ghoulam; Allan, Valdifiori, Hamsik; Insigne; Gabbiadini, Higuain.

L'uomo chiave - Nel bene come nel male. Le due stagioni all'ombra del Vesuvio fin qui disputate da Gonzalo Higuain lo hanno incoronato come uomo simbolo del Napoli: non solo per quanto riguarda la sfera meramente tecnica, ma anche per quanto concerne quella emotiva. Le prestazioni altalenanti del fuoriclasse argentino hanno spesso condizionato i risultati della squadra partenopea, che non sempre ha raccolto quanto seminato. La speranza è che, dopo una stagione pressocché fallimentare per l'ex attaccante del Real Madrid, sia con la maglia del Napoli che con quella dell'Argentina, ci sia una reazione d'orgoglio da parte del Campione, da tramutare in carica positiva da trasmettere a sè stesso ed al resto della squadra. Le qualità tecniche di Higuain sono fuori discussione e, la concomitante partenza di Tevez verso il Boca, lascia il centravanti argentino da solo nella strettissima cerchia degli attaccanti in grado di fare la differenza da soli nel campionato di Serie A. A Napoli ci sperano.

L'obiettivo - Il primissimo obiettivo del Napoli di Sarri è quello di avere una chiara e forte identità, in campo e fuori, proprio come l'Empoli dell'allenatore toscano. Contrariamente a quanto fatto nelle estati passate, con i proclami di vittoria estivi che si sono dissolti in una bolla di sapone, quest'anno la nuova politica societaria ha puntato su altri argomenti, lasciando a Sarri l'onere di dichiarare, attraverso le interviste di presentazione, quello che tutti già sapevano: "De Laurentiis mi ha chiesto di tornare in Champions League". La voglia di tornare a stupire, oltre a quella di ascoltare nuovamente quella musichetta che ha allietato le nottate di Champions a Fuorigrotta, è immensa e la rabbia e la delusione per la pessima quanto sfortunata conclusione del finale della scorsa stagione è ancora impressa nelle menti dei calciatori azzurri. Nella Serie A che va delineandosi a circa quindici giorni dalla chiusura del mercato, l'obiettivo sembra a portata della squadra azzurra, nella speranza di non ricadere negli errori del passato.