L'attacco vende i biglietti, la difesa vince i campionati. Maurizio Sarri, arrivato a Napoli nelle vesti di Maestro di provincia, era chiamato alla difficilissima impresa di raccogliere i cocci di una squadra, ed in particolare di una difesa, che arrivava da una stagione più che deludente sotto il punto di vista mentale, ma soprattutto tattico e tecnico, individuale e di reparto. Seppur sbagliato parlare dopo soltanto sei giornate di campionato, la squadra azzurra ha dimostrato in questo inizio di stagione di aver mutato completamente l'assetto difensivo, che non è soltanto frutto di un cambio modulo o di un innesto (su tutti quello di Reina), ma un insieme di aspetti che ha permesso alla retroguardia partenopea di essere una delle meno battute delle ultime giornate.

Dopo i sei gol subiti nelle prime tre giornate la maggior parte della critica si era scagliata, nonostante l'evidenza degli errori dei singoli e del reparto che cercava ancora di conoscersi al meglio, contro l'operato di Sarri che, al netto dei due pareggi in tre gare, era sembrato fiducioso e convinto dei propri mezzi e del proprio lavoro. Detto, fatto. Brugge, Lazio, Carpi, Juventus: tre di queste quattro squadre hanno, nelle rispettive corde, un potenziale offensivo di tutto rispetto ed al cospetto di queste ultime, la retroguardia del Napoli non ha mai vacillato, subendo una sola rete al passivo (Lemina sabato dopo 330' di imbattibilità di Reina) ed offrendo ai reparti offensivi avversari sparute occasioni da rete.

Ecco, la vera inversione di tendenza del Napoli 2015/2016 risiede in questo aspetto. E' chiaro che si parli dei gol di Higuain, delle prodezze di Insigne e di Callejon, del lavoro di Hamsik e dell'impostazione di Jorginho che rende più fluida la manovra, ma dove gli azzurri hanno voltato registro radicalmente è nell'idea e nel modo di difendere da squadra. Maurizio Sarri ha capito, dopo aver provato il 4-3-1-2, che per avere maggiore equilibrio difensivo ed avere al contempo maggiore spinta offensiva per sfruttare le caratteristiche dei suoi attaccanti, il cambio modulo era diventata una necessità. Inoltre, l'ex allenatore dell'Empoli sembra riuscito a convincere i calciatori della bontà del progetto tecnico e dell'assetto difensivo da formare, costruendolo attorno alle caratteristiche dei protagonisti che aveva a disposizione e cercando di limitarne la possibilità di errore.

La mano dell'allenatore toscano si vede eccome, soprattutto nella cognizione e nella convinzione di ciò che si mette in pratica. Per andare a fondo delle motivazioni che hanno portato a questo risultato, bisogna analizzare diversi aspetti. Le ultime quattro gare hanno messo in mostra, in primis, una condizione atletica di ben altra portata rispetto a quella di inizio anno (ed era più che fisiologico), il che permette alla squadra di muoversi all'unisono come un elastico e che segue come un unicum lo spostamento della palla e lo sviluppo della manovra avversaria. Rispetto alle precedenti versioni, dove il Napoli sfruttava impeto ed irruenza nella fase di pressione, la differenza risiede in questo aspetto: Sarri ha dato alla sua squadra un'identità difensiva, che le permette di salire in pressing sfruttando le caratteristiche di ogni singolo individuo.

In cosa consiste, praticamente, questa idea di pressing?

L'idea del pressing nasce con l'intento di condrurre il possesso avversario in un ingorgo: Higuain in punta indirizza la manovra mentre gli attaccanti esterni, uniti ai tre mediani, chiudono i varchi riducendo spazi e linee di passaggio ai costruttori di gioco ed ai terzini avversari. L'esempio pratico e lampante ci giunge in aiuto dalla sfida di sabato, quando la Juventus (così come Lazio e Brugge in precedenza) impostava la manovra con Bonucci dal centro-destra: Insigne o Mertens prendevano in consegna il dirimpettaio Padoin, Hamsik stazionava a uomo su Lemina, Allan saliva in pressione su Hernanes (forzando il brasiliano a giocare contro i suoi tempi di gioco, lenti e macchinosi) ed infine Callejon che scalava su Pogba che raramente ha avuto la possibilità di partire in velocità a campo aperto. Ne scaturisce, da questo schieramento, che il playmaker azzurro (Jorginho), è chiamato a leggere la situazione e fare maggiore densità nella zona della palla, cercando di anticipare le intenzioni avversarie e far ripartire con velocità e precisione il contrattacco azzurri. La difesa si muove di conseguenza, alzandosi repentinamente sul movimento degli attaccanti avversari che vanno in cerca della sfera nell'intento di far salire il baricentro della propria squadra.

(In questa foto la pressione asfissiante del Napoli (minuto 77) è diversa rispetto a quanto sopra elencato, ma ricalca i principi cardine indottrinati da Sarri: si punta ad imbottigliare il prima possibile la manovra, togliendo appena possibile le prime due linee di passaggio (nell'occasione Bonucci e Pereyra). Mertens è in pressione sul centrale, che scarica per Padoin chiuso da Hamsik. Essendo l'ottantesimo, con gli azzurri in vantaggio, Allan copre maggiormente lo spazio, pronto a chiudere su un eventuale passaggio a Pogba, alle spalle di Jorginho, che toglie spazio al suggerimento centrale verso Pereyra; non inquadrato nell'istantenea c'è anche Callejon, pronto a scalare qualora l'azione dovesse spostarsi sulla corsia mancina).

In quest'ottica, conseguentemente, vanno considerate le prestazioni brillanti di Albiol e Koulibaly, che sembrano giocatori rigenerati nel corpo e nella mente dopo la precedente stagione. Tuttavia, i progressi tecnici e tattici del duo di centrali è dovuto in primis alla minore copertura di campo che devono prendere in consegna. Il franco-senegalese è sembrato a suo agio in queste gare, mettendo in mostra tempismo e lucidità nelle chiusure, oltre alla solità straripanza fisica che aveva già ampiamente dimostrato. Da limare qualche calo di concentrazione, frutto della giovane età e dell'irruenza di alcune sortite palla al piede. Albiol sembra aver ritrovato sicurezza e personalità, soprattutto mentalmente.

Qualcosa da limare e da migliorare c'è ancora, ovviamente, e Sarri sa che deve lavorare con grande dedizione sulle infilate a palla scoperta, sempre più rare, che concede il pacchetto arretrato: sia contro la Lazio che contro i bianconeri, Keita e Zaza sono riusciti ad infilare gli azzurri partendo nello spazio concesso dai due centrali, che non sempre riescono a leggere la situazione e scappare all'indietro. In entrambe le occasioni, però, a metterci una pezza ci ha pensato Reina, che ha reso inoltre l'insieme molto più stabile e compatto rispetto alla passata stagione. Lo spagnolo infonde serenità ed ordine al reparto, oltre ad una dose di carisma e personalità nello spogliatoio che ha tranquillizzato e reso maggiormente unito tutto il gruppo.

Se è tutto oro quello che luccica lo scopriremo solo con il passare delle giornate, ma il Napoli visto in queste quattro uscite lascia ben sperare i propri tifosi in vista del futuro, con il lavoro di Sarri che sembra pagare i primi dividendi. I partenopei sono, assieme alla Fiorentina di Sousa, la migliore difesa degli ultimi tre turni di campionato con un solo gol subito al passivo. Se il Napoli dovesse davvero confermare questa quadratura, unendo cinismo e maggiore personalità anche nelle gare contro le 'piccole' che si chiudono, i risultati che ne scaturiranno saranno solo una diretta conseguenza dell'ottimo lavoro del Maestro toscano.

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