Se due indizi fanno una prova, ci troviamo probabilmente di fronte ad una realtà ben definita e non ad una sorpresa ed una scommessa che non sa ancora dove può arrivare. Che il Napoli avesse una rosa a disposizione per giocarsela con tutti ad armi pari lo si sapeva, ma ciò che era ancora da definire era la solidità mentale e strutturale (soprattutto difensiva) della compagine campana, che troppo spesso sul più bello aveva staccato la spina concedendosi pause fin troppo brutte per essere vere: il passo ultimo per diventare grandi.

La quinta vittoria consecutiva in campionato del Napoli di Maurizio Sarri, settima considerando anche le ultime due in Europa League e nona delle ultime dieci, batte proprio dove il dente doleva e non poco. Il Maestro di campagna, venuto da Empoli, è riuscito in pochissimi mesi di lavoro a costruire, almeno per il momento, una macchina perfetta. Una squadra con identità e idee ben precise, non solo tecniche e tattiche con fraseggio e fase difensiva che finalmente viene eseguita alla perfezione esaltando i propri singoli, ma soprattutto di una stabilità mentale che deriva dalla rinascita psicologica dei suoi leader, che hanno fornito tranquillità e serenità al gruppo.

La fotografia del Napoli che arriva laddove Benitez ed altri non erano mai arrivati (cinque vittorie consecutive) è tuttavia frutto non solo dei risultati, ma di una convinzione insita nelle corde della squadra partenopea che sembra funzionare come un giocattolo nuovo, senza apparenti difetti. La calma con la quale il Napoli si mette al lavoro ai fianchi di qualsiasi squadra (Chievo e Palermo ne sono il raffronto ultimo) è quella dei grandi pugili o delle grandi squadre, consapevoli delle proprie armi e dei propri punti di forza che non si innervosiscono se non riescono a sbloccare il punteggio, ma continuano incessantemente a scalfire la roccia avversaria, in attesa del verdetto dei giudici ai punti.

E' anche il tema tattico della gara di ieri sera del San Paolo, dove un roccioso Palermo, per bocca anche del suo allenatore, ha fatto il possibile per resistere all'impeto degli azzurri. Niente da fare. Higuain, Insigne, Hamsik e Callejon hanno scalfito nell'arco del primo tempo le resistenze rosanero, sfruttando poi il lampo di genio del fuoriclasse oramai rinato, prima di chiuderla seppur a fatica dopo tante occasioni, nella ripresa. Come può uno scoglio arginare il mare?

Già, non può. Così come un uragano si scaglia con violenza ed innata forza sulle inermi vittime, così la furia agonistica dell'Higuain furioso si abbatte anche sul Palermo. L'ira funesta dell'argentino meriterebbe un capitolo a parte: quello che si vede in campo è un insieme di concause che hanno portato allo stato di grazia attuale di uno dei centravanti più forti del globo. Di base c'è una tecnica ed una qualità individuale innata, che gli permette di accarezzare e dare del tu al pallone come solo i grandi; a queste vanno abbinate la sua sete di vendetta e rivalsa per una stagione oramai gettata alle spalle defnitivamente ed una ritrovata voglia di dimostrare finalmente tutto il suo potenziale.

L'attaccante argentino è lo spauracchio delle difese avversarie, che sono passate dallo sfruttare il suo labile stato emotivo a soffrirlo clamorosamente nel giro di pochi mesi. Se prima era lapalissiano il suo stato di sofferenza, nei confronti della maglia, stretta, del rapporto con l'allenatore e con i compagni (forse anche con la sua testa), adesso è altrettanto palese il suo stato di onnipotenza, tecnica, e soprattutto mentale: la sicurezza ritrovata gli deriva dalla fiducia conferitagli dal mister, che ne ha fatto idolo della squadra, e della città, e presenza unica ed assoluta nell'undici titolare. Ci prova di testa, ci prova di sinistro, poi di destro: Sorrentino ed il palo testano la sua resistenza nervosa, lui va oltre.

Il fendente che rompe l'equilibrio è frutto della sua straripanza tecnica, del suo orgoglio, della voglia di trascinare questa squadra e questa città dove solo raramente è arrivata. La vena del Pipita, le geometrie di Sarri, la presenza mentale di Reina: tutti ingredienti per una minestra buonissima, che permette di andare oltre agli sfoghi personali di Insigne e Mertens e che potrebbe diventare persino vincente.