Atalanta, Torino, Frosinone, Sassuolo, Sampdoria, Empoli e, infine, Lazio: le sette meraviglie del Napoli sono servite, incastonate nel legno a dovere dal mastro Sarri, che conferma velleità da titolo e maturità da grande. Si, adesso ci siamo per davvero, perché al di là della facile retorica del post partita, dove il toscano si aggrappa alle quindici gare restanti, il Napoli è solida e concreta realtà, matura fin troppo anche laddove le lacune e le pecche, più mentali e strutturali di rosa, che altro, sembravano lasciare ancora qualche dubbio ai più scettici. Il falegname ha costruito la sua creatura, ora se la gode, in parte, anche all'Olimpico, prima tappa esterna di quel famigerato girone di ritorno che doveva spaventare, alla vigilia, gli azzurri. 

Sotto allora con la sfida contro la Lazio di Pioli, da sempre spartiacuqe della stagione dei partenopei, nel bene come nel male. L'Olimpico sponda biancoceleste è diventato terreno oramai amico ai figli del Vesuvio, sempre vincenti e scintillanti da quando Higuain veste la maglia del Napoli: bottino aggiornato anche ieri dal Pipita, che quando vede l'Aquila diventa lui il rapace senza pietà. Cartellino timbrato, dopo un inizio di partita in controllo totale: ospiti in costante pressione, mentale e tecnica, di una Lazio irretita dalle assenze e dalla veemenza dei ritmi imposti da Jorginho e compagni. Nelle retrovie ci pensa 'Kalidou il grande' a mettere freno alle folate offensive dei padroni di casa, sporadiche ed estemporanee, frutto del genio e della corsa di Candreva e raramente di Anderson. 

Il Napoli si sta juventinizzando sempre più: lo si vede dal modo di giocare, tranquillo e a testa alta, forte nelle certezze, sicuro del suo incedere. Il centravanti argentino, così come a Genova, spreca una facile occasione prima di graffiare: gli azzurri studiano la preda, ne capiscono ansie e debolezze in fase di impostazione, prima di azzannarla alla giugulare. Le verticalizzazioni di Jorginho sono pugnalate sanguinosissime nel fianco della Lazio e, da una di queste, scaturisce il gol del vantaggio: Callejon scappa sul filo del fuorigioco, il Pipita, di petto, fa il resto. Il ventitreesimo sigillo stagionale è a referto. La crescita del gruppo e della mentalità della squadra, seppur banale ribadirlo, arriva proprio nel momento del vantaggio conseguito: mai doma, la squadra di Sarri annusa nell'aria la possibilità di dare il colpo di grazia al match e non molla la presa sulla preda. 

Pressing ancor più feroce, Lazio in bambola, Insigne inventa, Callejon rifinisce: il raddoppio, dopo quattro minuti, è cosa fatta, con lo spagnolo che conferma di essersi sbloccato proprio nel momento cruciale della stagione. Così come fatto in precedenza da Higuain, anche Insigne timbra la giornata a lavoro con l'ennesimo assist della sua stagione, il decimo: doppia cifra nelle assistenze per i compagni, altrettanto per i gol messi a segno (unico in Europa). La gara si fa in discesa, con gli ospiti che, nel finale di primo tempo, si limitano a gestire la situazione, controllandola agevolmente senza allentare i ritmi di gioco. Reina non corre pericoli, le assenze di Hysaj ed Allan si fanno sentire, ma non troppo. Il doppio vantaggio è in cassaforte, la vittoria pure. 

Nel secondo tempo la musica cambia. La squadra di Sarri, anche inconsciamente come dirà lo stesso tecnico a fine gara, abbassa e non di poco il tiro, calando nella cadenza del possesso palla e peccando anche in concentrazione. La Lazio spuntata permette agli azzurri di controllare il risultato, ma non senza qualche patema d'animo di troppo. Sebbene Reina non sia autore di una parata, le occasioni di Klose, Konko e Mauricio sono limpite e denotano l'appagamento mentale della capolista. Il Napoli si abbassa, troppo, dietro la metà campo, lasciando spazio e iniziativa ai padroni di casa, spinti dai fischi dell'Olimpico deluso alla reazione, senza però mai dare sfogo al contropiede. Higuain ed Insigne si spengono alla lunga, Mertens e Gabbiadini non incidono più di tanto al loro ingresso. La sfuriata finale laziale è sterile e viene domata con serenità e diligenza. 

Il settimo sigillo è in cassaforte. Ventuno punti che rispondono, seppur parzialmente, ai tredici successi della Juventus seconda in classifica: la fuga è ufficialmente partita. Stavolta, però, lo scontro si avvicina e nell'aria (forse anche nelle menti dei calciatori in campo) si avverte l'incombente arrivo del big match. Tra i bianconeri ed i partenopei, adesso, oltre ai due punti in classifica, ci sono anche Carpi e Frosinone, vittime che sembrano soltanto una formalità, ma che se approcciate nel modo sbagliato possono dare filo da torcere e non poco. Tensione ed attenzione ancora alta, per tre giorni, poi sarà tempo di Juve-Napoli.