Il Parma calcio è arrivato ai titoli di coda, ormai il destino dei ducali sembra segnato e il fallimento resta l’ipotesi più plausibile.

Che tristezza, verrebbe da dire.

Peccato che la tristezza in questa vicenda c’entri poco; ad emergere è soprattutto la rabbia per il modo in cui questa società è stata fatta passare di mano tre volte in meno di un mese; ad emergere è il rimpianto di aver visto crescere un Club che per anni ha rappresentato quanto di meglio il calcio globale potesse offrire ed assistere ora alla spartizione della carcassa da parte di avvoltoi e sciacalli; ad emergere è il disgusto per il disinteresse totale di una federazione che da tempo sapeva ma ha sperato di poter nascondere la sporcizia sotto l’ennesimo tappeto.

Il Parma calcio meriterebbe molto meglio di quanto stia succedendo; so che molti obbietteranno circa queste parole, citando giustamente il primo pseudo fallimento del Parma e lo scandalo che ha investito la famiglia Tanzi. Vero, è tutto sacrosanto e il Parma avrebbe dovuto ricominciare da zero all’epoca, salvato invece in maniera non limpida e poi mantenuto in vita da una dirigenza esterna che – col senno di poi – è stata probabilmente la migliore avuta dal Club negli ultimi anni. Il Parma calcio però ha fatto molto sia prima delle manie di grandeur di Calisto e Stefano Tanzi che dopo il disastro, mettendo in piedi due realtà molto simili ed entrambe estremamente affascinanti.

Vi invito a lasciare momentaneamente da parte il crac Parmalat e leggere queste poche righe, scritte di getto per raccontarvi l’altra storia del Parma calcio. Non voglio tornare indietro ai tempi di Massimo Barbuti, nè far riaffiorare Arrigo Sacchi allenatore debuttante o Carlo Ancelotti  in versione giovane calciatore, più semplicemente raccontarvi gli esordi di questo piccolo Club sulla ribalta della Serie A.

Un clamoroso quinto posto finale al termine della prima stagione in Serie A ha fatto drizzare le orecchie a qualche osservatore neutrale, dalla vittoria della Coppa Italia la stagione seguente a quella della Coppa delle Coppe nel 1993, con tanto di terzo posto finale in campionato e alla nuova finale di Coppa delle Coppe dell’anno successivo – persa contro l’Arsenal – tutti si sono accorti del Parma. L’apoteosi della vittoria in coppa UEFA contro la Juventus ha messo il punto esclamativo su questa realtà.

Eppure, quella squadra si allenava ancora in uno dei tanti parchi del centro città, in mezzo alla gente comune; eppure quei giocatori passeggiavano per il centro con famiglia e non rifiutavano mai di fermarsi a fare quattro chiacchiere con questo o quel tifoso. La simbiosi con la città è sempre stata impressionante, probabilmente inconcepibile per un qualsiasi tifoso esterno; all’inizio degli anni ’90, il Parma calcio era sicuramente un modello da seguire per qualsiasi Club di medio livello che aspirasse ad imporsi senza rovinarsi.

Poi sono inziati i guai, le sette sorelle e l’ossessione per quello scudetto che avrebbe coronato una decade di raro successo per un Club come il Parma calcio.

Non voglio nemmeno soffermarmi sul disastro che l’ambizione sfrenata della famiglia Tanzi ha causato, preferisco passare oltre e concentrarmi sul lento percorso di guarigione, firmato da un burocrate come Enrico Bondi e fatto brillare da un tecnico di nome Cesare Prandelli, capace di raggiungere il quinto posto per due stagioni di fila pur avendo a disposizione un gruppo di ragazzini di buona prospettiva come Sébastien Frey, Matteo Ferrari, Massimo Donati, Matteo Brighi, Adriano, Adrian Mutu e Alberto Gilardino; certo, a leggere ora questi nomi la sorpresa è un po’ attenuata, però allora nessuno di questi giocatori sembrava certo di costruirsi la carriera che poi ognuno ha effettivamente vissuto – alti  e bassi a parte.

Quella squadra aveva tante similitudini con il primo Parma che si è affacciato in Serie A, vuoi per la gioventù della squadra, vuoi per il fatto di dover – ancora una volta – trarre il meglio dalle poche risorse disponibili. Dalle mie parti siamo bravissimi a tirare fuori risultati eccezionali con pochi (ma buoni) ingredienti, il calcio ha spesso seguito questa strada.

Come per magia, la squadra si è riavvicinata alla città – e viceversa; i giocatori sono tornati ad arrivare allo stadio a piedi (non era difficile incrociarne alcuni alla fine della partita), le Lamborghini che giravano in città sono drasticamente diminuite ed è tornato l’obbligo morale per i giocatori di restare in campo qualche minuto alla fine di ogni partita per ringraziare i tifosi presenti allo stadio. Ricordo che durante i primi anni di Serie A, Nevio Scala aveva l’abitudine di far svolgere un leggero lavoro defatigante subito dopo la partita, direttamente sul prato del Tardini, che veniva spesso accompagnato dagli incoraggiamenti dei tifosi – rimasti ovviamente al proprio posto.

E pensare che ad un certo punto perfino fermarsi sotto la tribuna per firmare qualche autografo sembrava troppo faticoso...

Quella seconda fase si è conclusa con l’addio di Cesare Prandelli, approdato alla Roma, e la partenza di tutti quelle giovani promesse diventate giocatori da Nazionale. Al Tardini risuonava spesso il coro “chissenegrefa, giocherà la Primavera; chissenefrega, l’importante è star con te...” sulle note di Maledetta Primavera e ricordo di essere stato in Curva Nord quel pomeriggio in cui la seconda epoca d’oro del Parma è finita.

Per concludere, vi sprono a non pensare solamente al Parma calcio firmato Stefano Tanzi ma ricordare piuttosto come questo Club abbia rivoluzionato il calcio italiano e abbia saputo ritagliarsi un posto d’onore anche in Europa – dimostrando che è possibile raggiungere certi traguardi senza finire nel baratro.

La buona notizia è che nulla è perduto definitivamente; per quanto in basso la società sia costretta a ripartire, la prova che sia possibile costruire un gioiello partendo da materie prime umili l'abbiamo avuta. E non mi riferisco certo alla squadra che ambiva a vincere il campionato, perchè nonostante i Thuram, Cannavaro, Veron e compagnia, se chiedete in città quale sia stata la formazione del Parma più forte di tutte, quasi sempre vi snoccioleranno questa: Taffarel, Benarrivo, Di Chiara, Minotti, Apolloni, Grün, Melli, Zoratto, Osio, Cuoghi, Asprilla (o Brolin, dipende...)

Provare per credere...