Luigi Apolloni dice "no" al Lentigione, troppo forte la chiamata ducale, troppo forte il richiamo del Parma. Nevio Scala convoca i suoi fedelissimi, per dare forma al nuovo progetto avviato da imprenditori locali e tifosi. Un ministro della difesa per la panchina, un allenatore come Presidente. 

Il Parma si tuffa nel passato, nei ricordi, Coppe e vittorie, prima del fallimento, del malaffare e dei debiti. Volti noti si uniscono per ridare fiato a una città, a una squadra. Il Parma 1913 pone le basi per la rinascita, dalla D alla A, costruisce, mattone dopo mattone, mura solide. Nevio Scala torna - una promessa - e lo fa da Presidente, da uomo immagine, Apolloni chiude la porta a precedenti chiamate e si siede alla guida di un gruppo di ragazzi nuovo, da formare. 

Attesa, trepidazione, i sentimenti che accompagnano un nuovo inizio sono molteplici, c'è la voglia, evidente, di cancellare lo sporco degli anni precedenti, la voglia di riportare Parma, il Parma, a una dimensione di eccellenza. 

Apolloni è, calcisticamente, un figlio di Parma. Cresciuto tra Pistoiese e Reggina, sposa Parma nell'87. Il matrimonio è lungo, duraturo, foriero di imprese. Fino al '99, dal Parma alla Nazionale, al centro della retroguardia. L'ultimo assaggio di campo a Verona, prima di appendere le scarpette al chiodo. 

La carriera, in panchina, non trova significativi risvolti. Parte come secondo a Modena, prima di passare di grado e acquisire la direzione della squadra. Dopo Modena, Grosseto, Gubbio, Reggiana, una tappa in slovenia, ND Gorica, fino all'accordo col Lentigione, non onorato. 

Apolloni riparte dalla D, in passato, col Parma, un'ascesa prepotente, da giocatore, ora un secondo tentativo, in tuta, a far da chioccia a una squadra catapultata in basso, per colpe altrui, e ora pronta, passo dopo passo, a bussare ai piani superiori. 

Scala, Apolloni, il Parma, il profumo di un dolce passato, aria nuova per il futuro. 

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Johnathan Scaffardi
Lo sport come ragione di vita, il giornalismo sportivo come sogno, leggere libri e scrivere i piaceri che mi concedo