I numeri, si dice, non mentono. A Roma (e non solo) sono convinti che quelli dei giallorossi siano quanto mai veritieri: 6 vittorie in altrettante partite, 17 gol fatti e uno subito, percentuale di possesso palla sempre più alta dell’avversario. Nemmeno il più ottimista dei tifosi poteva aspettarsi un inizio così spumeggiante. L’artefice della rinascita romanista ha un nome e un cognome e viene da Nemours, Francia del nord: Rudi Garcia. Come ha fatto l’ex tecnico del Lille a trasformare il colabrodo guidato prima da Zeman e poi da Andreazzoli in una lussuosa nave da crociera?

TESTA – Il primo intervento è stato nella psiche dei calciatori. Facile parlare di numeri, moduli e ruoli ma senza convinzione, senza fiducia in quello che si sta facendo, non si va da nessuna parte, tanto nel calcio quanto nella vita. Ecco che Garcia ha impostato con i suoi uomini, dunque, un rapporto non solo schietto ma anche amorevole. Si è conquistato la stima di tutti i componenti della rosa imponendogli innanzitutto di stimare nuovamente se stessi. Le qualità c’erano, bastava farle riemergere.

PERSONALITÀ – Il grande tallone d’achille della Roma “young” delle ultime due stagioni. La mancanza di cattiveria, di voglia, soprattutto quando le cose andavano male, ha portato la squadra ad affondare in una palude di negatività. Garcia ha preteso che sul mercato arrivasse gente di esperienza, con mille battaglie alle spalle, capace di imporsi subito nello spogliatoio. La società è stata bravissima nell’accontentarlo, andando a prendere uomini di spessore caratteriale indubitabile (De Sanctis e Maicon su tutti) che potessero essere seguiti con totale fiducia. Il risultato è un mix di serietà, durezza e amore. Un amore che nasce dalla consapevolezza di comportarsi sì come dei professionisti puntuali, ma che stanno pur sempre svolgendo il lavoro più bello del mondo, per di più in una piazza che è pronta a riversarti tutto l’affetto che ha a disposizione appena si rende conto dei tuoi sforzi (“Roma è amore” disse, non a caso, qualche anno fa l’oggi juventino Vucinic).

TATTICA – Il capolavoro di Garcia sta qui. Sono arrivati calciatori forti, questo è indubbio, ma l’idea di gioco, il suo flusso nei 90 minuti è tutta farina del sacco dell’allenatore. A centrocampo si vincono le partite (chiedere a Conte per una conferma): il trio delle meraviglie giallorosso non l’ha nessuno. De Rossi è lo scudo della coppia centrale Castan-Benatia e imposta il gioco magistralmente; Pjanic è il vero pupillo di Gracia e, finalmente, oltre alla sua classe cristallina mette in campo grinta e sacrificio; Strootman è il complemento perfetto: garantisce quegli inserimenti senza palla sconosciuti ai due compagni di reparto e, con il suo passo regolare ma poderoso, esce sempre nei secondi tempi ergendosi a diga insormontabile per avversari sfiancati dal possesso palla continuo di tutta la squadra (e se il motivo di questa Roma formato diesel fosse lui?).

Totti di nuovo prima punta con ai lati due esterni da corsa come Gervinho e Florenzi. In questa scelta c’è tutto Garcia. Bello tenere palla e far "ballare" gli avversari, ma se non si penetra nel cuore delle difese non si segna. Perché questo accada, gli esterni d’attacco devono fare un lavoro duro e continuo, fatto di tagli in profondità e coraggio nel puntare l’uomo (oltre che di ripiegamenti difensivi). Serve velocità e sacrificio, ecco il motivo delle continue esclusioni di Ljajic dall'inizio: il serbo manca di quello scatto bruciante in grado di creare il panico tra le difese avversarie. Migliorerà e troverà minutaggio, non c’è dubbio, ma dovrà sapersi adattare. Problema più complesso sarà trovare spazio per Destro, visto che spostare Totti sulla fascia snaturerebbe il Garcia-pensiero e toglierebbe soluzioni offensive. Ma per questo c’è tempo, ora Roma si gode beata il viaggio sulla lussuosa nave da crociera con al timone un francese che pare fatto apposta per condurla in un porto sicuro (se sarà un porto europeo o addirittura tricolore lo dirà il tempo).