E ora rischia di sfuggire anche l'Europa. I proclami si sciolgono, come neve al sole, col passare dei giorni, e il rischio, lampante, è di ritrovarsi a tarda primavera con nulla in mano. Il campionato segue la via di Torino e resta appeso a un filo solo perché la Juve, "generosa", non chiude la porta, adeguandosi al ritmo ridotto dei giallorossi, mentre l'Europa, non più quella prestigiosa, bensì quella del piano di sotto, comunque importante, lancia segnali di gelo, in una notte in cui Roma è messa sotto scacco da delinquenti del tifo. Il Feyenoord porta via dall'Olimpico un pari e torna in Olanda con la consapevolezza di aver due risultati utili per approdare agli ottavi. 

La serata del riscatto, all'Olimpico, conferma invece le fatiche del periodo recente. La Roma, soprattutto in casa, non sa più vincere, ma quel che preoccupa è l'involuzione a livello fisico e mentale. Un tempo ben interpretato, con il Feyenoord che è vittima sacrificale perfetta, perché gioca al calcio, marchio di fabbrica "arancione", e lascia giocare. Totti si abbassa e dipinge, Verde è energia, Gervinho si infila ed è 1-0. I primi cenni di assenso si manifestano qua e là, ma è purtroppo illusione, perché la ripresa è un martirio. Le gambe cedono, le forze si annullano e la Roma crolla. Garcia cambia tutto, nel mezzo, forze fresche, ma non basta. Il centrocampo, il luogo dove nasce la supremazia giallorossa, simbolo di qualità e quantità, si perde, l'anima dell'undici di Garcia si ferma e di conseguenza la squadra indietreggia. Il pari ospite è in fuorigioco, ma la sostanza non cambia. 

Doumbia entra e si divora il vantaggio, non è pronto. Totti esce a testa bassa, la Roma non ha un uomo in grado di prendere in mano la squadra nel momento più difficile e Garcia sembra non avere le chiavi del gruppo. Nessuno risponde, cala la notte, scende il silenzio. La Coppa scappa via e tra una settimana serve una vittoria, per non aprire processi ben più ampi.