Ancora una volta Icaro si è bruciato. Portato a volare troppo in alto dopo i facili entusiasmi provocati dalla vittoria contro la Juventus e dal pareggio contro il Barcellona, Rudi Garcia è uscito ancora una volta con le ossa rotte dal trittico campionato-champions-campionato, dimostrando per l'ennesima volta di inciampare nella buca del turnover come già accaduto spesso in passato. Se però lo scorso anno c'era l'attenuante di una rosa non propriamente di livello nei rincalzi, unita all'inesperienza di gestire tale situazione in una piazza così complicata come la Capitale, stavolta il francese alla prima occasione è andato ancora una volta oltre. E le attenuanti sembrano essere davvero finite. 

L'inizio stagione ha messo di fronte alla Roma ed al francese di Neumors non molti ostacoli, sui quali però ha già dimostrato di far fatica a saltare. A partire dalla prima giornata, dove non è bastato il pareggio di Verona a far suonare come campanello d'allarme: la nostalgia gerviniana l'ha portato a schierare l'ivoriano nel tridente d'attacco più per rispetto verso il rapporto che li lega piuttosto che per meriti sul campo. Il ritorno al tridente Salah-Dzeko-Iago che ha messo a ferro e fuoco la difesa juventina nello scontro al vertice ha oscurato, in parte, i mali della trasferta scaligera, che però si sono prontamente riproposti alla prima occasione. 

Il secondo campanello d'allarme è arrivato nella trasferta di Frosinone, che si presentava in calendario più come un antipasto della portata principale che sarebbe arrivata di li a poco, che come un test per provare ad allungare sui rivali diretti in campionato: l'errore, oltre a sottovalutare l'avversario ostentando una superbia che ha confermato l'io del galletto, è stato tralasciare per un attimo l'obiettivo principale per il quale la squadra è stata costruita (lo Scudetto). L'eccessiva presunzione nell'esperimento del 4-2-3-1 ha messo in risalto, ancora una volta, che con il fuoco proprio non si deve scherzare. Tuttavia, il bottino stavolta è stato pieno ed ha fatto da trampolino di lancio verso il bel pareggio ottenuto in Champions al cospetto dei Campioni d'Europa in carica. Al netto della prodezza balistica individuale di Florenzi, il 4-3-3 con il solito tridente ha dimostrato al transalpino che questa Roma se la gioca a viso aperto con molti. 

Tutto sembrava filare per il verso giusto, fino a ieri, quando il solito Sassuolo di Di Francesco ha bloccato, per l'ennesima volta, sul pari i capitolini. La necessità di dare uno sguardo allo spogliatoio attraverso scelte a dir poco scriteriate, cercando di dare un contentino a chi di solito gioca meno nell'intento e con la scusa di preservare i migliori per il ciclo di ferro, ha condizionato prestazione e risultato, scatenando ancora una volta i facili isterismi di una piazza che al mattino s'esalta ed alla sera ti pugnala alle spalle. Garcia non è un maestro del turnover, né mai lo sarà probabilmente, e quando lo imparerà, mettendo da parte l'indolenza tipica dei francesi, forse la Roma sarà pronta a detroneggiare la Juventus dal posto a cui ambisce.