Peggio di così proprio non poteva andare. La Roma si presentava alla sfida in Bielorussia contro il modesto ed operaio Bate Borisov con una cinquina rifilata al Carpi di Castori (costata tra le altre cose l'esonero al mister degli emiliani) e con i propositi di escludere definitivamente i bielorussi dalla corsa ad un inaspettato secondo posto e giocarsi, ad armi pari, partendo col muso davanti, la corsa per gli ottavi di finale con il Bayer Leverkusen. Invece, la trasferta europea riporta la Roma con i piedi per terra ed adesso servirà un'impresa per rialzare il discorso qualificazione nella doppia sfida con gli uomini di Schmidt (che ieri hanno quasi espugnato il Camp Nou). 

Tutto parte dalle scelte di Garcia, che inizialmente poteva pensare di rispettare maggiormente gli avversari e schierare, in maniera molto più prudente, Torosidis o Maicon come terzini sulla destra in luogo di Florenzi, utile sulla trequarti al posto di un Iturbe irriconoscibile e spaesato (ma non era il solo). La Roma era anche partita discretamente, attaccando il pressing avversario e scuotendosi con il solo Gervinho. L'ivoriano tanto criticato è l'unico che ci ha messo il cuore, al netto di una tecnica non propriamente esaltante. Di contro, sia l'ex Verona che Salah sono scomparsi, giocando a nascondino per gran parte della prima frazione e creando più scompiglio nella testa dei compagni che tra le maglie avversarie. 

I venti minuti che vanno a cavallo tra il decimo ed il trentesimo hanno successivamente messo a nudo tutte le difficoltà strutturali della Roma, con Iturbe che difficilmente è scalato in copertura sulla corsia di competenza in fase difensiva e ha costretto Florenzi a giocare costantemente in inferiorità numerica contro Mladenovic e chi di turno stazioni sulla trequarti offensiva del Bate. I tre gol dei bielorussi sono infatti arrivati tutti da quella zona di campo, confermando la scarsa bontà della scelta iniziale dell'allenatore transalpino. I giallorossi hanno vissuto un primo tempo in balia delle folate sulla corsia mancina degli avversari e, complice uno Szczesny non propriamente perfetto ed una difesa che pecca in profondità in gare così ravvicinate, la frittata è stata presto fatta.

I cambi di Garcia sono serviti a scuotere, dopo l'intervallo, la sua squadra, che ha reagito con orgoglio (da stabilire se frutto però dei cambi o della voglia di ovviare alla figuraccia personalmente). Vainqueur ed Iturbe sono stati sacrificati per un più sveglio e pronto Iago Falque ed un Torosidis che ha fornito, oltre al gol dell'illusione del pari, anche molto più equilibrio in fase difensiva. La stanchezza fisica e mentale dei padroni di casa ha influito e non poco sulla incisività della squadra ospite, che si è sbloccata con Gervinho ed è andata infine vicinissima al colpaccio con Florenzi. 

La Roma, però, è caduta ancora, per la seconda volta in una settimana dopo Marassi, denotando i soliti problemi di struttura di una rosa che, soprattutto difensivamente, è latente e non poco (Castan sempre in panchina, Rudiger a casa), oltre alla solita scarsa propensione del proprio allenatore a saper scegliere in maniera oculata le pedine giuste, al posto giusto, nel momento giusto. Nel frattempo, i malumori della piazza diventano sempre più insistenti e dopo i quattro punti rimediati nelle ultime quattro gare (cinque con il pari contro il Barca) l'ombra di una clamorosa ipotesi di sostituzione sembra prendere sempre più corpo: Palermo potrebbe già risultare fatale all'allenatore transalpino, che stavolta dovrà fare i conti con i propri demoni.