Finalmente è finita. La Formula 1 ha chiuso i battenti a Interlagos con un gran premio che non aveva più molto da dire, ma almeno libera tutti quei poveretti, avviliti e frustrati, che in precedenza erano stati spietatamente sedotti e abbandonati da Vettel, per il quale ora non esistono più aggettivi né termini di paragone.

Perché se fino all’estate più di uno ha potuto permettersi qualche velleità di titolo, dopo è stata una sinfonia monotona o come, per citare la canzone di Elio, “mononota”. Con buona pace del caliente Alonso, dell’algido e squattrinato Raikkonen e dello speranzoso duo Mercedes.

Tornando, però, all’appuntamento brasiliano, essendo già stato scritto e detto tutto a suo tempo dell’egemonia incontrastata di Vettel e della sua Red Bull, non sono bastati il meteo avverso, una ruota lasciata nel dimenticatoio e una partenza zoppicante a fermare l’ambizione, di chi ha deciso di infrangere ogni record e erigersi allo status di extraterrestre. Sia chiaro, l’incapacità di sentirsi sazi e appagati è un marchio di fabbrica del campione, basti pensare al suo diretto predecessore, cui è spesso comparato, il Michelino degli anni d’oro della Rossa, che fregava tutto e tutti lasciando solo briciole. Vettel, però, è figlio di una nuova generazione di piloti, molto più arrembanti e cinici, maniaci della perfezione ed incontentabili, spinti dalla giovane età e, nel caso specifico, dalla voglia di dimostrare che il proprio valore prescinde dal motore che ha sotto il sedere.

Passano così in secondo piano i commuoventi addii di due bravi ragazzi, di due uomini corretti e gentili, fedeli e grati fino all’ultimo, anche quando sarebbe stato comprensibile il contrario. L’australiano Webber saluta la baracca soddisfatto e rassegnato, sfinito dai molteplici rospi ingoiati a causa del biondino di cui sopra, mentre Massa spera che cambiando casacca la sfiga trovi casa da qualche altra parte.

Adesso tutti in vacanza, mentre gli ingegneri impazziscono dietro ai nuovi regolamenti e programmano colpi di genio, covando il desiderio nascosto di sostituire nelle cronache di pista, almeno per un anno, quella vecchia volpe di Newey.