Luigino Hamilton scappa via: Rosberg è sempre lì, veloce, accollato, ma quando conta manca di quel "quid", che in definitiva fa la differenza. Austin racconta questo, narra di un ragazzo che ha trovato la testa, metaforicamente e di fatto, e del compagno che l'ha persa brevemente e ora rincorre col fiatone e le speranze al lumicino.

Nel GP delle Americhe depauperato di quattro vetture e minacciato da plumbee previsioni, le Frecce d'Argento girano un secondo più veloci della compagnia e fin dalle prove delineano l'andamento di una corsa senza troppi scossoni, salvo gli animi veementi delle retrovie. Nico era forte di un passo ottimo e di una capacità di rendimento su gomme soft ben augurante, la pole position aveva rinvigorito. Nel momento in cui però ha montato le altre coperture ha perso l'attimo, ammettendo poi colpevolmente di aver trovato la quadra troppo tardi, quando effettivamente registrava crono simili al compagno, oramai già distaccato. Lewis ringrazia. A prescindere dalle simpatie e da quello che sarà l'esito finale ha dimostrato di meritarsi il titolo, perché è inciampato, ha ceduto all'emotività e ha dunque reagito in pista e fuori, con una razionalità e calma inusuali per il suo temperamento. Il vicino di scuderia ha peccato nel proprio punto forte, incappando in errori imperdonabili ai fini della lotta, e ora riflette, perché, se è vero che è meno avvezzo ai piani alti, è altrettanto vero che l'occasione fa l'uomo ladro e lui al momento difficilmente riuscirà ad approfittarne.

Nell'altro campionato emerge il baldanzoso Ricciardo, che un po' spavaldamente lanciava il guanto di sfida alla vigilia e alla fine ha raccolto in abbondanza. L'australiano smentisce i colleghi con un paio di sorpassi alla sua maniera, applica una perfetta strategia e vola sul podio, il suo ennesimo in questa stagione. Il talento c'è, la fame pure: in conferenza stampa affermava "passare dalla gavetta mantiene alte l'ambizione e la voglia di arrivare al top e rimanerci", per quello visto finora non ci sono dubbi.

Capitolo a parte è la Ferrari, presente e futura. Alonso fa il massimo, rimarca che è perentorio far punti per il campionato costruttori, ma è l'unico a remare in tal senso (Raikkonen non è pervenuto): senza il suo orgoglio e la sua professionalità, pur con gli aggiornamenti e gli sviluppi che da Maranello arrivano, la scuderia italiana avrebbe colto poca roba. Il sostituto Vettel rimane un enigma, la sfortuna non lo molla, però il compito è arduo: lampi del passato fanno via via capolino, servirà tuttavia e soprattutto una risposta di carattere. Carattere preteso anche dagli ingegneri e dai tecnici in fabbrica, altrimenti altri anni di agonia saranno inevitabili.