Buon compleanno Jules. Chissà se i nostri auguri arriveranno anche lassù, noi speriamo di sì.

Oggi Jules Bianchi avrebbe compiuto 26 anni, come scrive la Ferrari sono "26 candeline nel cielo", e tutti facciamo ancora fatica a credere che quel ragazzo dalla faccia pulita, dal sorriso spontaneo e dal grande talento non sia più qui con noi. Quel maledetto 5 ottobre, sotto la pioggia incessante di Suzuka, la Marussia di Bianchi è finita contro una gru che stava recuperando la monoposto di Sutil, finita fuori strada. Una gru che, semplicemente, non doveva essere in pista. Poco importa che la FIA, nel ruolo di indagato e di inquirente, abbia scaricato la colpa sul pilota che non avrebbe rallentato a sufficienza dietro alla Safety Car in quel tratto di pista. Una sentenza in perfetto stile Ponzio Pilato, per continuare a far girare il costoso ingranaggio del circus, una sentenza che permette a chi era sotto l'occhio del ciclone di lavarsi le mani di fronte alla tragedia di un ragazzo di 25 anni che per dieci mesi ha lottato per la vita, e della sua famiglia, che ogni giorno ha vissuto quell'incubo insieme a lui.

Da quel 5 ottobre sono passati dieci mesi, mesi nei quali Jules ha lottato, nei quali la sua famiglia ha vissuto un'attesa straziante, mesi nei quali gli appassionati di tutto il mondo hanno sperato e pregato. Poi è arrivato il 17 luglio e la notizia che nessuno avrebbe voluto leggere: Jules non ce l'aveva fatta. Era dai tempi di Senna che la Formula1 non viveva una situazione simile, e la tragedia di Jules Bianchi ha portato tutti a porsi delle domande, a riflettere. Un ragazzo di 25 anni ha perso la vita rincorrendo un sogno. Un sogno che visti i livelli di sicurezza raggiunti in Formula1 negli ultimi anni sembrava meno pericoloso di un tempo, ma che con l'incidente di Suzuka ha mostrato a tutti quanto lavoro ci sia ancora da fare per salvaguardare i piloti, e che la Formula1 (così come gli altri sport motoristici a due o quattro ruote) nasconde sempre quella percentuale di rischio che un pilota, quando inizia la sua carriera, accetta e sfida.

Quello che, però, lascia l'amaro in bocca nella storia di Bianchi è che non si è trattato solo di una tragica fatalità, perché quanto successo era evitabile. La storia non si fa con i se e con i ma, però quella domenica sarebbe potuta finire in ben altro modo. Lo sappiamo noi e lo sanno ai piani alti della Formula1 anche se, ovviamente, nessuno di noi “profani” potrà mai andare oltre a quanto riportato nel fascicolo dell'inchiesta condotta dalla FIA.

Così ci rimane solo il ricordo di Jules, di quei suoi sorrisi delicati e di quella sua gran voglia di correre, di vincere, di continuare a sognare. Jules Bianchi era un pilota di grande talento, come aveva dimostrato a Montecarlo, dove era riuscito a portare a punti la piccola Marussia, sorridente e disponibile con i fan, ai quali non negava mai una battuta, un autografo o una foto.

Di Jules, personalmente, mi rimarrà impressa nella mente l'ultima immagine di quella domenica giapponese. Un pilota accovacciato a pulire la visiera del suo casco dopo che la corsa era stata sospesa una prima volta a causa della forte pioggia. Un'immagine che penso possa rappresentare meglio di qualsiasi altra parola, l'essenza stessa dell'essere pilota. Un ragazzo da solo con il suo casco che aspetta di scendere in pista e correre, sfidando la sorte per inseguire la passione più grande, per rincorrere un sogno.

Tolstoj scriveva “Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radici in altri”, ecco perché Jules Bianchi rimarrà sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori, perché con i suoi sorrisi, la sua pacatezza e la sua semplicità aveva saputo conquistare tantissimi appassionati. Buon compleanno Jules, stasera guardando le stelle cercheremo quella più splendente e capiremo che sei tu.

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About the author
Valentina Zuliani
Formula1 addicted, content editor and blogger freelance