La morte di Justin Wilson riporta drammaticamente all’attenzione il tema della sicurezza nella zona della testa del pilota. Il 37enne britannico, impegnato a Pocono (Pennsylvania) in una gara della categoria IndyCar, ha impattato sul casco, a oltre 300 km/h, un detrito volante perso dalla vettura di Sage Karam, andato a muro pochi istanti prima. Vani i tentativi di strapparlo alla morte: le gravi ferite alla testa causate dall’impatto gli sono state fatali dopo poche ore di coma.

Come ricordano gli appassionati del motorsport, non è la prima volta che accade: già nel 2009, Henry Surtees e Felipe Massa furono vittime di dinamiche simili, seppur con esiti opposti. Il giovane figlio di John fu colpito a morte da una gomma che rimbalzava in pista, persa da una vettura che lo precedeva in una gara di F2 a Brands Hatch; Massa centrò la molla persa dall’auto di Barrichello durante le prove in Ungheria, cavandosela solo con un forte choc.

Anche nel 2010, ad Abu Dhabi, si sfiorò il dramma: nel corso del primo giro, Vitantonio Liuzzi decollò sul musetto della Mercedes di Schumacher, finito in testacoda, fermandosi a pochi centimetri dalla visiera del campione tedesco. Per fortuna, solo un grande spavento.

Gli episodi sopracitati sono comunque funzionali a ricordare come la testa del pilota, specie nella sezione frontale, resti ancora la parte più esposta e vulnerabile dell’intera monoposto. Grandi progressi furono compiuti già nel 1995 quando, mossa dagli incidenti fatali di Senna e Ratzenberger, la FIA introdusse protezioni laterali in grado di proteggere maggiormente il pilota in caso di urto laterale; protezioni che negli anni sono state innalzate e rafforzate.

Come abbiamo visto, non basta. E, (amara) ironia della sorte, giunge l’indiscrezione di motorsport.com, secondo cui alla vigilia del Gp del Belgio – appena prima della tragedia di Wilson – una riunione tenutasi fra i team principal di F1 avrebbe deliberato nuovi test FIA per il mese prossimo, tesi appunto a valutare nuovi sistemi di protezione nella zona anteriore al casco.

Con molta probabilità verrà sperimentata la soluzione studiata da Mercedes, una struttura aperta composta da una sorta di anello sorretto da un sostegno centrale, che consentirebbe di deviare eventuali oggetti contundenti senza impedire la perfetta visuale del pilota né il rispetto delle severe tempistiche previste per l’estrazione – in caso di incidente, capottamento o, peggio, incendio – del pilota stesso. Caratteristiche che, unite al contenuto impatto aerodinamico, renderebbero la proposta di Stoccarda più vantaggiosa e sicura rispetto al cockpit chiuso di stampo aeronautico, più volte proposto e rimandato in passato.