Primo obiettivo lo spettacolo. Se la MotoGp vuole risollevare le proprie sorti serve un livello di competizione adeguato. Attenzione, non si parla di competitività, dove il valore dei piloti e delle case costruttrici è senz'altro altissimo, ma bensì di combattimento, di bagarre pura.

 

Purtroppo negli ultimi anni i sorpassi e gli "scontri diretti", soprattutto nelle prime posizioni, sono diventati merce rara. Non ci sono variabili in grado di rimescolare le carte ed ogni gara si riduce ad una interminabile sequenza di giri monotoni e soporiferi.

 

Elettronica e gomme sono troppo perfetti e in questo modo gli errori sono ridotti al minimo. Il tutto a scapito del divertimento e di conseguenza dell'audience. Quella che sta per partire potrebbe quindi essere la stagione spartiacque. O lo show ritorna ad essere appassionante e coinvolgente, oppure la categoria dei prototipi rischia seriamente di venire accantonata in favore magari del campionato delle derivate di serie.

 

Comunque, indipendentemente dagli scenari futuri, nel 2013 la sfida sarà sempre fra Honda e Yamaha, con i tre spagnoli a contendersi il titolo mondiale. Lorenzo partirà alla pari con Pedrosa, mentre Marquez potrebbe e dovrebbe giocare il ruolo del terzo incomodo, con buone probabilità di essere lui alla fine a godere fra i due litiganti.

 

E Valentino? In tutta onestà bisogna dire che Rossi non gode certo dei favori del pronostico. Ovviamente il problema non è la mancanza di talento e capacità, però a 34 anni e dopo la fallimentare esperienza vissuta in Ducati, ritornare in auge come ai vecchi tempi sembra un'impresa complicata, anche per un fenomeno come lui. Più verosimile l'ipotesi di un campionato da outsider, vincendo magari una o due gare e lottando costantemente per le posizioni alte. Ma la rincorsa al decimo titolo al momento pare poco più che un'utopia.

 

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Alessandro Claudio
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