Semplicemente meravigliosa. La corsa in Catalunya è stato il manifesto della Motogp, del mondiale di moto versione 2.0. E poco importa se è ancora lui, Marc Marquez a tagliare per primo il traguardo, se uguaglia il record di Valentino di sette vittorie consecutive, se ne strappa un altro complice suo fratello Alex, unica coppia di fratelli a vincere in categorie differenti nello stesso giorno.

Una gara di gruppo, stile moto3, con un quintetto, poi un quartetto, infine un terzetto, non si vedeva da tempo. Le scintille, che in pochi giri hanno infiammato la partenza, hanno rappresentato soltanto il preludio e l'antipasto dell'esaltazione del sorpasso: Barcellona si rivelerà l'eldorado della bagarre, il paradiso delle staccate e delle traiettorie imprevedibili con tanti rischi, qualche errore e aggressività mista a correttezza.

I capovolgimenti di fronte, la suspense e le battaglie col coltello fra i denti rimarranno ben impressi nelle menti per un po'. Uniti nell'obiettivo comune di fermare il piccolo diavolo della Honda, Rossi, Lorenzo e Pedrosa fanno “all in” e tirano fuori dal cilindro magie sorprendenti. Il maiorchino, a dire il vero, si spegnerà piano piano, ripiombando nel limbo, soprattutto nel dubbio pre-Mugello. Gli altri, però, risorgono: Valentino rilancia dopo prove inquietanti, Dani affila gli artigli dopo un passato da gattino.

Il cielo plumbeo minacciava pioggia, i tre moschettieri sembrano così reagire correndo ancor più in fretta, per non rovinare questo spettacolo di talento, questo piatto sublime ben pepato. Marquez vede ancora una volta la bandiera a scacchi per primo, bravo ad attaccare, perdere, recuperare e ribattere; Rossi sperava nel primo centro stagionale, in una pista dove regna come in terra toscana (nove vittorie in carriera) e in casa del rivale/amico, ma si conferma mastino; Pedrosa rompe gli indugi e sfida il compagno a testa alta.

I magnifici quattro, divenuti poi un trio “meravilla”, sono gli ambasciatori post moderni delle due ruote, gli avanguardisti di un nuovo modo di vivere e competere. Al contrario della Formula1, lo spettacolo non va creato nonostante l'ingombrante presenza di un dominatore, basta tornare giovani monelli col vizio del divertimento. La fotografia della Motogp 2.0 sta tutta nel pallone autografato e lanciato in tribuna da Marc davanti al parco chiuso. Un richiamo al mondiale brasiliano, un saluto alle epiche gag di Rossi, che contrariamente al passato non risulta per nulla forzato o stucchevole.