Obdulio Varela e il Maracanazo

Tanti giocatori hanno avuto l'onore di entrare a far parte della Storia del calcio. Molti di meno, grazie alle loro qualità, sono riusciti a riscriverla, la Storia. Obdulio Varela invece, rientra in quella stretta cerchia di uomini in grado di trasformarla in autentica Leggenda.

In quel caldo pomeriggio del 16 luglio 1950, quando a Rio de Janeiro andava in scena il dramma sportivo più grande per il Brasile, il "Maracanazo", lui era lì, al centro del campo, con la fascia di capitano al braccio, a sfidare e sconfiggere un intero Paese, distrutto nell'anima e nell'orgoglio al termine di quei Novanta, indimenticabili, minuti.

Osvaldo Soriano, uno dei giornalisti/scrittori tra i più famosi nel mondo, gli ha dedicato una delle pagine più belle di letteratura sportiva, raccontandone le gesta di quel pomeriggio, completando così il passaggio dallo status di Campione a quello di vera e propria Icona.

Un centrocampista tutto cuore e polmoni che sul campo non ha mai conosciuto la parola "sconfitta" in un'edizione mondiale; che con la Celeste ha trionfato nell'edizione della Copa America 1942; che ha vinto sei campionati nazionali con il Penarol. Che in campo, ma soprattutto fuori, ha costruito la sua immagine di gladiatore.

Nasce a Montevideo, il 17 settembre del 1920, e come tutti i bambini inizia a dare calci ad un pallone tra le polverose vie del suo barrìo. La scuola non fa per lui, ma il calcio sì. Dal piccolo Deportivo Juventud ai semi-professionisti del Montevideo Wanderers, il passo è breve. Ma il salto di qualità arriva nel 1943 quando passa al più quotato Penarol.

In giallonero la sua carriera esplode. Classico volante davanti alla difesa, più portato all'interdizione che alla manovra, diventa ben presto un punto fisso della squadra. Il suo carattere da leader e la sua spiccata personalità, gli fanno guadagnare ben presto i gradi di capitano. Al termine della sua avventura con la maglia del Penarol, durata dodici anni, arrivano sei titoli nazionali oltre ad una serie di coppe varie.

"El jefe negro", il leader nero dello spogliatoio, è il soprannome che meglio lo contraddistingue. Non alza mai la voce, anche perché non serve: basta un suo sguardo, tutt'altro che tenero, oppure una parola detta con fermezza per farsi rispettare.

Il nome di Varela è accostato, da sempre, alla vittoria del suo Uruguay sul Brasile, ed è curioso un aneddoto riguardante proprio quella gara. Pochi istanti prima dell'inizio del match, l'arbitro inglese Reader lancia in aria la monetina per far decidere ai capitani quale sarà la squadra a dare il via alla gara. Incredibilmente Varela afferra la monetina al volo e lascia tutti di sasso. "Noi oggi diventeremo campioni del mondo, dia ai brasiliani la consolazione di battere il calcio d'inizio o di scegliere in quale metà campo giocare il primo tempo....". E' l'emblema della cosiddetta "garra charrùa", la grinta e la voglia messa in campo, e nella vita, dal popolo uruguagio.

Disputa sette gare ai mondiali con la casacca della Celeste e non perde mai. Nella semifinale di Svizzera 1954, quando l'Uruguay viene eliminato in semifinale dall'Aranycsapat, la squadra ungherese più forte di sempre, lui è fuori per infortunio. Simbolo per l'Uruguay e simbolo per il Penarol che abbandona, a modo suo, il 15 giugno 1955, dopo dodici anni e venti trofei vinti.

Contro l'Amèrica di Rio de Janeiro inizia in panchina come allenatore insieme a Maspoli, poi decide di entrare nella ripresa. Il Penarol perde 4-1 e lui si accorge che ormai la benzina è finita. Sarà la sua ultima apparizione su un campo di calcio. Fuori dal campo di gioco si trasforma. Vive nell'ombra, o quasi, dedicandosi a sua moglie Catherine ed ai suoi amici più intimi. Come altri grandi del passato (vedi Garrincha) non si gode gli effetti del suo successo.

In balìa dell'alcool muore nel 1996, pochi mesi dopo la scomparsa di sua moglie, ed un paio di anni dopo la consegna, da parte della FIFA, dell'Ordine al Merito. Il giorno della sua morte, l'allora presidente dell'Uruguay, Julio Sanguinetti, istituisce per lui i funerali di Stato.

 

IL PALMARES

 

Campionato Uruguagio: 6 titoli

1944, 1945, 1949, 1951, 1953, 1954 - Penarol

Torneo de Honor: 8 titoli

1944, 1945, 1947, 1949, 1950, 1951, 1952, 1953 - Penarol

Torneo "Competencia": 6 titoli

1943, 1946, 1947, 1949, 1951, 1953 - Penarol


Copa America Uruguay 1942

Primo posto


Mondiale Brasile 1950

Primo posto 


Copa "Baron de Rio Branco": 3 titoli

1940, 1946, 1948 


Copa "Escobar Gerona": 1 titolo

1943 


Miglior Giocatore Sudamericano del XX Secolo "IFFHS"

13° posto

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