Il tennis riparte. Qualche torneo minore a far da preambolo al primo Slam dell'anno. Melbourne ospita l'Australian Open, terreno veloce, spettacolo garantito. Il primo esame per coloro che, in cerca di rivincita, assaporano con cautela il clima da grande palcoscenico. Suolo di conferme, per chi qui ha vinto e punta a farlo ancora. Nel mondo della racchetta di oggi esistono quattro alfieri, che in tempi alterni, hanno con ambizione avanzato propositi importanti. É bello immaginarli attorno a un tavolo, prima di scendere nella Rod Laver Arena, per declinare il verbo della pallina, spiegare chi deve essere il primo attore, la stella a cui inchinarsi. Roger Federer, Novak Djokovic, Rafa Nadal, Andy Murray. I quattro moschettieri, pronti a sguainare la spada, vivono momenti diversi, lontani.

 

Roger Federer cerca la seconda giovinezza. Ha osservato il suo 2013, difficile, poi ha voltato lo sguardo a quel che verrà. Ha ampliato il piatto della sua racchetta, scelto Edberg come consulente, amico. Un attaccante, per un uomo costretto ad attaccare. É il nuovo Roger, che in Australia palleggia sorridente col divino Laver e saluta, sorridente, i fans in delirio. Dentro, a colloquio col suo io tennistico è un fiume in piena. I dubbi non possono essere scomparsi. A Brisbane è a tratti piaciuto, soprattutto per la ritrovata condizione fisica. Piedi veloci, apparsi di rado nell'anno più buio della sua lunga epopea tennistica. Ha perso, in finale, contro un altro vecchietto terribile, Hewitt, più per demeriti propri che per meriti altrui. Soprattutto in un torneo lungo, tre set su cinque, non appare in grado di giungere all'atto finale, ma è Federer, una leggenda.

 

 

Novak Djokovic è il logico favorito. É il campione uscente, dopo il titolo conquistato lo scorso anno contro Andy Murray. Ha dominato l'ultimo scorcio del 2013, illuminando la scena da Flushing Meadows fino al Masters di fine anno. Anche lui ha scelto un grande del passato per arricchire un arsenale già importante .Bum Bum Becker per rendere un tennis improntato sulla strenua difesa, devastante anche a rete. L'inizio ad Abu Dhabi ha mostrato un Nole antico, vincente. Ha agevolmente domato l'importante concorrenza, in un'esibizione che, aldilà della scarsa importanza, ha fornito rilevanti indicazioni. Il sorteggio è stato benevolo con il serbo. Difficile non vederlo in finale.

 

 

Rafa Nadal è l'antagonista principe di Nole. La sconfitta di inizio anno con Ferrer può aver tratto in inganno solo osservatori occasionali. A Doha si è rivisto il mancino di Manacor. Non sempre ha giocato un tennis super, ma al dunque è sempre uscito vincitore. Ha sfoderato la sua miglior performance nella partita più delicata, contro il lettone Gulbis. In finale ha domato Monfils. Lo scorso anno, dopo lo strepitoso rientro, con doppio alloro a Parigi e New York, è arrivato in affanno alle ultime fermate, concedendo qualcosa negli appuntamenti di chiusura. Le pile sembrano però già ricaricate. La testa non è mai uscita dal mondo della racchetta. L'incognita resta il cammino. Nadal ha sempre faticato all'esordio nei grandi appuntamenti, in generale nella prima settimana. Tomic, primo avversario dell'iberico, è ragazzo dai colpi interessanti, soprattutto su questa superficie. La strada verso Djokovic è lastricata d'insidie.

 

 

Murray resta l'incognita più grande. Dopo il trionfo e la gloria a Wimbledon, è stato costretto allo stop dai problemi alla schiena. La morbida erba ha sorriso a Andy, non l'infido cemento. Costretto a osservare i rivali misurarsi in tutto il globo, ha assaporato il momento del ritorno. Con Lendl è salito al livello più alto, dove risiedono i più grandi. Ora però è il tempo del campo e l'esame potrebbe riservare sorprese poco gradite. La sconfitta rimediata a Doha, con Florian Mayer, testimonia quanto sia difficile tornare e essere al top, da subito. Ha dominato il primo turno, è volato agevolmente sul 6-3 3-0 nel secondo. Poi la lampadina ha emesso scatti intermittenti, fino a spegnersi di colpo. Alti e bassi, errori ripetuti. L'allenamento non basta, perché la partita è un'altra cosa. Molto dipenderà dai primi turni. Col passare dei set, acquistando fiducia e autostima, da outsider potrebbe trasformarsi in pericolo pubblico.  

 

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Johnathan Scaffardi
Lo sport come ragione di vita, il giornalismo sportivo come sogno, leggere libri e scrivere i piaceri che mi concedo