Sarebbe forse bastato osservare, con attenzione, lo sguardo di Federer nei minuti antecedenti al match con Gael Monfils. Sguardo cupo, rivolto costantemente verso il basso. Non una dimostrazione di eccessiva concentrazione, non paura, probabilmente la sensazione di non essere in grado di lottare ad armi pari per un trofeo che ancora manca dalla bacheca di casa Federer. I giorni di riposo, successivi alla finale non giocata con Djokovic, le cure maniacali alla schiena dolorante, nulla è servito per rimettere in sesto Roger. L'esibizione con Monfils è una prova di solo orgoglio, è il campione che non rinuncia a difendere la bandiera, ma è in realtà un monologo transalpino. Monfils segue un piano tattico perfetto. Aggredisce al via Federer, usufruendo dell'atteggiamento d'attesa dello svizzero, obbligato a rispettare i richiami del fisico dolorante. Federer si muove con circospezione e vede da ogni parte giungere le bordate di Monfils, devastante nel primo set.

Roger ha un moto di ribellione. Dopo aver subito il break, d'istinto conquista due occasioni per rientrare nel parziale - le uniche due palle break dell'intero incontro - ma, perse quelle, cede quasi senza colpo ferire. 6-1, questo recita il tabellone, questo conferma il campo. Non basta qualche urlo di auto-incitamento, qualche lampo seguito dal "come on" d'ordinanza per scalfire la superiorità fisica di Monfils. Il pazzo Gael si sente ed è più forte, almeno oggi, e trascinando la folla vola via, scatenando l'entusiasmo transalpino.

Federer prova a invertire la rotta aggredendo, accorciando gli scambi. Aumentano le discese a rete, aumenta la forza del dritto, ma troppo spesso i colpi cadono nella zona mediana del campo avverso, agevolando la potenza di Monfils. Il break arriva, sia nel secondo che nel terzo set, e a sventolare è sempre il vessillo francese. Monfils conquista quasi il 90% di punti con la prima, insiste sul claudicante rovescio di Federer e esulta, con foga.

6-4 6-3, questo il punteggio dei due set restanti, la finale è di nuovo in parità. A tremare è ora la Svizzera. Tempo di riflessioni importanti in casa Federer. Schierare un Roger palesemente in difficoltà anche in doppio o risparmiare le poche energie per il decisivo singolare? Dopo il pessimo esordio, la Francia torna a sorridere. La Coppa è in bilico, Federer insegue un sogno, ma la schiena non è quella dei giorni migliori.  

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Johnathan Scaffardi
Lo sport come ragione di vita, il giornalismo sportivo come sogno, leggere libri e scrivere i piaceri che mi concedo