C'è una selva di fotografi assiepata a bordo campo, pronta a correre a perdifiato allo scoccare dell'ora attesa. Passano tre ore e quaranta di flash, istantanee, attimi, prima che la fuga verso il centro possa trovare compimento. Giunti in mezzo al teatro della battaglia, in mezzo al profumo della lotta, si dispongono e attendono, il re. Nole Djokovic alza il trofeo, lo bacia con forza. Il volto è disteso, il sorriso ampio. Poco prima lì Andy Murray, a completare un cerimoniale che lo sconfitto eviterebbe volentieri. L'esposizione del "piatto" al pubblico australiano è un atto dovuto, ma l'espressione racconta un disagio. Andy è lo sconfitto, e al tramonto è vuoto, di energie fisiche e nervose nemmeno l'ombra. Il titano Nole si è mangiato il guerriero britannico. Quattro set, scambi eterni, lunghissimi, rumore di scarpe, strisciate, strappate, rumore di racchette, sbattute, contro la pallina e in terra. Due set e mezzo corsi punto a punto, tra errori e prodigi, poi lo scatto di Djokovic e la resa di Murray. Il tennis del britannico, elettrico, si appesantisce, i colpi perdono di consistenza, di profondità, Djokovic sale sulla parttia, si prende la scena, batte Murray per la terza volta in finale qui. 

L'Australian Open resta tabù per Andy, quattro volte battuto a un passo dal sogno, a un passo da quella schiera di obiettivi che accoglie fremente il vincitore. Eppure alla vigilia sembrava la partita di Murray. Il ricordo della scorpacciata con Berdych, le mille fatiche di Djokovic con Wawrinka, una freschezza ritrovata, di testa e di braccio.

La partita è quella attesa, si conoscono Andy e Nole, non possono esserci sorprese. Sono entrambi straordinari ribattitori, fuoriclasse della rincorsa, del colpo di recupero, in difficoltà. Djokovic soffre meno rispetto al match con Wawrinka, perché Murray ha colpi meno potenti, ma la partita vive continui alti e bassi, in cui a turno i due si alternano sulla cresta della gara. Nole attacca la seconda di Murray e si mostra aggressivo, scendendo spesso a rete. Murray spreca da 0-40 nel terzo gioco e qui arriva la prima chiave del match. Il britannico gioca bene quando messo alle strette, costretto a spingere la giocata, meno quando davanti ha l'occasione per affondare Djokovic. Il numero uno cancella le tre opportunità, la seconda con una volée di rovescio a rete di rara bellezza. Otto punti consecutivi e Djokovic tenta il primo allungo. Solo alla sesta palla break, sul 4-2, Murray riesce a rientrare, complice un rovescio lungolinea fuorimisura di Djokovic. Il servizio perde la sua importanza e arrivano altre due rotture, la prima con Murray avanti 40-15 ma sciagurato nel colpire male di rovescio, la seconda favorita da un Djokovic altalenante. L'epilogo al tie-break. Murray fa gara di testa, ma nel momento meno indicato commette un doppio fallo e riapre a Djokovic che si salva con una difesa pazzesca e chiude 7-5. 76(5) Djokovic.

Il serbo accusa un calo d'attenzione e Murray guadagna subito un break di vantaggio nel secondo, ma la risposta è immediata. La battuta di Murray è letta con facilità da Nole e con tre giochi consecutivi torna ad affacciarsi davanti la prima testa di serie del torneo. Nessuno riesce ad assumere con fermezza il controllo delle operazioni e a metà parziale è il britannico a giocare un tennis di livello più elevato. Sul 4-3 30-30 trova due soluzioni perfette e rimette in carreggiata l'incontro. Il decimo gioco è per tensione uno dei più belli. Murray giunge a set point, ma pecca in un comodo passante e permette a Djokovic di giocarsi tutto ancora una volta al tie-break. Come in precedenza, è sempre Andy a guidare, prima 4-1, poi addirittura 6-2. Il primo set point sfuma per un errore di Murray, Djokovic alza l'asticella al servizio, ma cede poi alla terza chance. 76 e parità assoluta.

L'ultimo momento di vera guerra è all'inizio del terzo parziale. Djokovic lamenta un dolore alla caviglia, dopo i problemi al pollice dei giochi precedenti. Murray, come nel secondo, conquista il primo punto, guadagnandosi un break prezioso. La gioia è effimera, perché Djokovic, torna, sempre. Riacciuffa il rivale, lo martella, con una continuità incredibile. Murray ha la palla per cambiare la sua storia sul 3-3, ma non è la sua partita, non è la sua storia. Sul trono si siede Djokovic, che vola al 63 e continua, imperterrito, a non voltarsi, sprigiona dagli occhi una competitività spaventosa. Murray crolla, arretra, lontano. Ributta di là quel che può, ma è come sommerso dai colpi, la pallina torna indietro sempre con maggior forza, fin quando è inevitabile la resa. 60, una devastante raffica di punti, una tremenda botta alle ambizioni di Andy. Vince Djokovic, il numero uno.