Novak Djokovic giunge alla finale con un'enorme pressione sulle spalle. Il Philippe Chatrier aspetta Nole, il campione imbattuto da 28 partite. Djokovic ha nel mirino un solo obiettivo, il Roland Garros, per unirsi a un'elite che già ospita Federer e Nadal. La terra di Parigi è ancora acerba, è un "amore" inseguito ma mai raggiunto, quest'anno lo scenario sembra però diverso, perché Djokovic ha cancellato ogni dubbio. Il tabellone non si è rivelato amico, ponendo al cospetto di Nole prima il nove volte campione Nadal e poi Murray.

Se Nadal si è rivelato troppo fragile per scalfire Djokovic, non così Murray che, in una partita durata due giorni, disputatasi a cavallo tra venerdì e sabato, è riuscito a spingere al quinto set il serbo, sfruttando i rari momenti di debolezza del numero uno. Alla fine, però, c'è Djokovic. Sempre.

Di fronte, una parziale sorpresa. In una parte di tabellone, quella bassa, infarcita di giocatori di talento, guidata da Roger Federer, Wawrinka era, al via, un'incognita, data la scarsa propensione alla continuità del n.2 di Svizzera. In Francia, solo alti, l'acuto con Federer e la conferma col ritrovato Tsonga.

Wawrinka giunge alla finale più riposato, ma non può essere la resistenza fisica a dirimere le questioni tra i due. Wawrinka, se in giornata, può influenzare il gioco di Djokovic con la pesantezza dei colpi. La forza di Stan può limitare Nole, che ricorda ancora la battaglia, persa, in Australia lo scorso anno.

I precedenti dicono Djokovic, 17-3, ma spesso la rivalità ha trovato il suo epilogo su superfici differenti, quasi mai sulla terra. Il rosso è un rebus, Djokovic è all'apparenza fuori portata, non solo per Stan, ma è una finale, entrano in gioco mille variabili, il destino non può essere scritto, anche se Nole è alla porta dell'immortalità.