Se non avesse trovato sulla sua strada l'incredibile Wawrinka della finale del Roland Garros, Novak Djokovic avrebbe completato il Grand Slam, obiettivo di Serena Williams nel circuito femminile ma, a conti fatti, sfiorato più dal serbo che dalla fuoriclasse americana. La vittoria di Flushing Meadows chiude una stagione Slam eccezionale per l'incontrastato numero uno al mondo delle classifiche Atp, capace di domare Andy Murray agli Australian Open e di resistere al miglior Federer degli ultimi anni sull'erba di Wimbledon e sul cemento newyorchese.

Nelle ultime stagioni si è spesso parlato della rivalità tra Roger Federer e Rafa Nadal anche per quanto riguardava il numero di Major vinti. Bene, ora Nole è a quota dieci, e la sensazione è che la sua bacheca si arricchirà di nuovi trofei. Superati alcuni limiti tecnici che ne avevano fisiologicamente caratterizzato la prima fase di carriera - alcune incertezze sul diritto e al servizio - Djokovic ha cambiato marcia dal 2011 in poi, acquisendo una solidità mentale non scalfibile da alcun avversario. "Novak è una roccia", aveva dichiarato Federer dopo la finale di Wimbledon, e mai espressione fu più azzeccata. Superbo in risposta, il serbo è eccezionale nel mantenere i suoi colpi da rimbalzi profondissimi, mandando in difficoltà anche gli avversari più talentuosi. Dei Fab Four che hanno animato il circuito Atp nelle ultime stagioni, Nole è quello che ha sfruttato meglio i margini di miglioramento a sua disposizione, con Federer altrettanto gigantesco nel tornare competitivo su ogni superficie e anche sulla lunga distanza. Diverso il cammino intrapreso da Murray e Nadal, oggi rispettivamente numeri tre e sette al mondo, lontani anni luce dalla coppia di testa. Lo scozzese continua a cadere in momenti di blackout e in generale non sembra avere tutte le armi necessarie per contrastare chi lo precede in classifica, mentre il maiorchino si ritrova alle prese con un'involuzione tecnica e psicologica preoccupante, anche se è facile pronosticare un suo ritorno al top nella prossima stagione, appena avrà acquisito nuovamente un minimo di fiducia.

Il 2015 di Djokovic è stato sinora molto simile all'anno di grazia 2011: stessi Slam vinti, e stessa beffa al Roland Garros contro uno svizzero, in quel caso contro un Federer spaziale che gli sbarrò la strada per la finale. Ma per il resto i numeri di quest'annata del ventottenne di Belgrado - sette tornei vinti, tra Major e Master 1000 e quattro finali perse - sono davvero quelli della consacrazione. D'altronde resta la sensazione che - un po' come il miglior Nadal - Djokovic diventi imbattibile una volta cominciato ad accumulare successi nel corso della stagione, mentre i suoi bassi coincidono soprattutto con momenti di nervosismo o di superiorità tecnica dell'avversario (vedi Federer al meglio dei tre set). In un circuito che ha visto allargarsi la platea dei big, cui fanno parte a tutti gli effetti anche Wawrinka e Cilic, il Djoker rimane il padrone del tennis dell'ultimo lustro, disarmante per la facilità con cui smantella pezzo dopo pezzo il gioco degli avversari. Probabile che il suo prossimo obiettivo sia a questo punto la conquista del Roland Garros, unico Slam che manca alla sua già ben fornita bacheca: tra tutte le superfici è forse la terra rossa quella meno amata dal serbo, per il resto incredibilmente a suo agio nel districarsi tra le insidie dell'erba e nello sfruttare le peculiarità del veloce (cemento outdoor o tappeto indoor non fa differenza).

Ora il finale di stagione prevede - oltre a un meritato riposo dopo le fatiche nordamericane - ancora tornei già cari a Djokovic, come Shanghai, Parigi Bercy e il Masters londinese, dove il serbo è già certo da tempo di partecipare. Anche quest'anno Nole chiuderà al primo posto la classifica Atp, davanti a Federer e a tutti gli altri, rispettando una graduatoria mai tanto fedele ai valori in campo.