Andy Murray lascia il torneo di Pechino, con rabbia. Subisce sul 4-4 del secondo il break che decide l'incontro e scarica la sua ira sulla racchetta. In quel momento la verità si palesa agli occhi del britannico. Se Novak Djokovic è questo, semplicemente non c'è nulla da fare. La consistenza del serbo è spaventosa. Perso il vantaggio nel secondo parziale, dopo aver sprecato occasioni in serie per salire 4-1, con due break di vantaggio, concede il rientro a un buon Murray, lanciato da un rovescio a tutto braccio che ricorda i giorni migliori. Eppure, quando conta, nel nono gioco, il n.1 del mondo mostra le sue qualità. Il turno in risposta è qualcosa di straordinario. Scivola sul cemento con disarmante facilità, neutralizza ogni accelerazione di Andy, fino a indurlo all'ennesimo errore. Il risicato numero di vincenti di Murray è tutto da attribuire alla clamorosa capacità difensiva di Djokovic. La chiusura arriva con un game a zero al servizio. 

Per un set è un Djokovic perfetto. Non concede palle break, annichilisce il suo avversario, lo stesso che il giorno precedente aveva strapazzato Cilic. Neppure una palla break all'attivo per Murray nel parziale d'apertura. Con il passare dei minuti la situazione, per il britannico, migliora. Djokovic ha un fisiologico appannamento. Meno devastante, comincia a lasciare qualcosa. Nel secondo set le palle break sono ben cinque (quattro annullate). Il break a zero, nel primo gioco del secondo, non toglie Murray dalla partita e questo è un merito. Eppure non basta, contro questo Djokovic. 

Disarmanti i numeri con la seconda di Andy. Ottiene il 33% di punti quando latita la prima. Djokovic penetra nel campo, assumendo il comando dello scambio e della partita. Finisce 6-3 6-4, Murray è in crescita, ma per ora Djokovic resta distante.