Trentaquattro anni e non sentirli. Ottantasette tornei Atp vinti in carriera e una fame di successi non ancora saziata. Sono solo alcuni dei numeri strabilianti di Roger Federer, fresco trionfatore del Master 1000 di Cincinnati, in cui ha sconfitto in finale anche Novak Djokovic, altro dominatore del tennis maschile delle ultime stagioni. Per il fuoriclasse svizzero si tratta del settimo sigillo sul cemento di Mason, Ohio, e dell'ennesima dimostrazione di classe di una carriera impareggiabile, più volte data per vicina alla fine, ma contro ogni pronostico ancora nel pieno del suo svolgimento.

Dopo aver strapazzato Andy Murray in semifinale, Federer si è ripetuto ieri contro Nole, vendicando parzialmente la sconfitta nell'ultimo atto di Wimbledon 2015. Il serbo è sembrato lontano dai suoi migliori standard tecnici e atletici ma la sensazione è che contro un Roger così ben centrato ci sarebbe stato poco da fare per chiunque si fosse presentato dall'altra parte della rete. Quel senso di frustrazione già manifestato da Murray nelle ultime sfide contro Federer è stato condiviso a Cincinnati anche da Djokovic, a tratti incredulo di fronte alla prestazione del suo avversario, al punto da cedere di schianto durante il tie-break del primo set. Fino a quel momento il match era stato sostanzialmente equilibrato, con una leggera prevalenza del numero due al mondo, che si era fatto apprezzare per una maggiore incisività al servizio. Giunti al gioco decisivo del primo parziale, Federer ha riattivato la modalità fenomeno che aveva già travolto Murray e ha espresso così un tennis eccezionale, lasciando a Nole un solo punto nel tie-break e costringendolo a perdere anche scambi prolungati.

L'incontro è girato proprio a cavallo tra la fine del primo set e l'inizio del secondo. Un Djokovic scombussolato e a tratti incredulo ha perso in una manciata di minuti tre giochi consecutivi, prima di tentare un difficile rientro nel finale di match. Ma per il serbo non c'è stato nulla da fare. Troppo sicuro di sè il Federer di questa settimana di Cincinnati per farsi rimontare il vantaggio acquisito. 7-6 6-3 il punteggio conclusivo, con il pubblico americano in assoluto delirio per il settimo trionfo dell'elvetico sul cemento dell'Ohio. Anche ieri Fedexpress ha mostrato a che punto sia giunto il processo di evoluzione del suo gioco: scambi sostenuti a ritmo elevatissimo, via della rete presa appena se ne presenta la possibilità, aggressività con la risposta, limitato uso del back di rovescio anche a costo di rischiare qualche gratuito con il colpo in top-spin, e diritto nuovamente profondo e incisivo.

Dal canto suo Nole Djokovic ha provato per un set ad appoggiarsi sulle proprie qualità migliori, vale a dire solidità, profondità e grande tenuta mentale, prima di cedere sconsolato di fronte alla maggior brillantezza dell'avversario. Nei match al meglio dei tre set è ormai indubbio che un Federer in condizioni di forma ottimali sia difficilmente battibile anche dal numero uno del mondo. Diverso il discorso quando invece si gioca nei tornei dello Slam, in cui la maggior durata delle partite avvantaggia invece avversari del calibro di Nole e Murray (e ovviamente del miglior Nadal), bravi a mantenere lucidità e intensità anche per oltre tre ore di gioco. Sarà propria questa la prossima sfida di Federer: vincere gli Us Open di New York in programma da lunedì 31 agosto per aggiornare anche lo score dei Major vinti in carriera. Anche se sono in molti a sostenere - Wilander docet - che bisognerebbe accontentarsi semplicemente di vedere ancora calcare i campi da tennis un simile fuoriclasse, senza attribuire eccessiva rilevanza a una vittoria in più o in meno in un torneo del Grand Slam.